In Piemonte si infiamma di nuovo lo scontro sul tema dell’aborto. Le polemiche erano già nate lo scorso ottobre, quando era stata proibita la somministrazione all’interno dei consultori della RU486, la ‘pillola’ per l’aborto farmacologico, e la situazione è stata esacerbata, oggi, dalla proposta di aprire i consultori solo ed esclusivamente alle associazioni pro-vita.
La proposta di Fratelli d’Italia
A dare il via allo scontro è stata la proposta avanzata dall’assessore agli affari legali Maurizio Marrone, di Fratelli d’Italia, di aprire nei consultori sportelli gestiti solamente dalle associazioni pro-vita, finanziati da soldi pubblici.
In attesa dell'eventuale approvazione della proposta di Marrone, sembra però che alle Asl della regione sia stata già inviata un’apposita nota per prorogare al 31 marzo la scadenza per redigere gli elenchi delle associazioni con il permesso di operare all'interno dei servizi di tutela materno-infantile, servizi in cui rientrano appunto i consultori. E nella nota, tra i requisiti fondamentali è stato inserito anche l’obbligo per le associazioni di prevedere, nello statuto, la “finalità di tutela della vita fin dal concepimento”.
I precedenti
La proposta di Marrone non è nulla di nuovo per il Piemonte: una simile lotta era già stata condotta, nel 2010, dalla Giunta di centrodestra capeggiata da Roberto Cota (Lega) che con la DGR n.
21-807 del 15.10.2010 aveva introdotto un Protocollo con lo scopo dichiarato di migliorare il percorso di assistenza per le donne che richiedevano l'interruzione volontaria di Gravidanza. Tra le innovazioni previste, anche l'obbligatorietà di prevedere la tutela della vita sino dal momento del concepimento nello statuto delle associazioni che operano nei consultori.
L’azione della Giunta di Cota era però stata contestata dalle associazioni Activa Donna e Casa delle Donne, che avevano presentato ricorso e ottenuto dal Tar l’annullamento proprio della parte del documento che prevedeva questa obbligatorietà.
Le critiche alla proposta
Subito dura e decisa la risposta del PD nella persona del segretario Paolo Furia, che bolla la proposta di Marrone come “furia ideologica”, che sotto a un’apparente patina di buone intenzioni nasconde un “pensiero patriarcale e misogino” con l’intento di cancellare i diritti delle donne.
Anche la sindaca di Torino, Chiara Appendino, ha preso posizione contro la proposta di Marrone. In un suo tweet, oltre a bollare la proposta come “delirio oscurantista”, la prima cittadina ha preso nettamente posizione in difesa della 194: “se pensa di calpestare anni di lotte per i diritti delle donne” si legge infatti “probabilmente [l’assessore Marrone, n.d.r.] ha sbagliato regione”.
La notizia è giunta anche alla Camera, dove Chiara Gribaudo, vicecapogruppo del Pd, ha richiesto l’intervento del Governo in modo che sia garantito a tutte le donne, di tutte le regioni, il diritto alla libera scelta. È necessario, sostiene Gribaudo, che alle donne sia consentito di compiere una scelta assistita da un sostegno imparziale.