La serie "Gomorra", in onda su Sky, ha ottenuto un incredibile successo di pubblico e di critica, battendo ogni altra serie prodotta dalla emittente satellitare. Ma qui non vogliamo parlare dei fasti della serie TV basata sul romanzo di Roberto Saviano, vogliamo invece soffermarci su una storia vera, anche se triste.

La storia di Danielino, che nella finzione e' un giovanotto di Scampia che molla il lavoro per dedicare la sua vita alla camorra; nella realtà si chiama Vincenzino, entrambi i genitori in galera, vive solo con la nonna e con un'unica possibilità di uscire dal tunnel: la scuola.

E il desiderio di cambiare c'è tutto: in un tema scrive «Quando sarò grande non farò mai l'errore di mio padre. Non vale la pena di buttare via la vita in una cella o peggio in una bara per i soldi».  Ma poi si trova a fare i provini per la TV, il suo profilo piace e viene subito ingaggiato. Comincia così un lavoro tutto nuovo per lui, accanto a gente famosa, in un ambiente che lo affascina e forse lo stordisce. Ma tra prove e riprese non c'è tempo per lo studio, e così Vincenzino abbandona la scuola.

Sullo schermo Danielino-Vincenzino finisce male, attirato in una trappola ed ucciso dal boss avversario. Ma anche nella realtà le cose non vanno bene: Vincenzo viene arrestato per una rissa finita male poco dopo la fine delle riprese.

I suoi professori l'avevano cercato invano; l'avevavo ammesso all'esame nonostante le numerosissime assenze. Ma lui all'esame non si era presentato proprio: doveva recitare.

E quando le riprese erano finite e le troupe se ne erano andate, lui era rimasto solo. Il Mattino riporta il commento del preside della scuola: Quando l'hanno preso mi sarei aspettato che la produzione fosse venuta a parlare con me per spiegarmi cosa avevano intenzione di fare.

Avremmo sicuramente trovato un percorso comune per tutelare al massimo Vincenzo, minorenne. E invece nulla, e lui non è andato più a scuola. Ha creduto di essere diventato un attore affermato, ha toccato con mano una vita diversa. O un sogno che lo ha inebriato. Forse immaginava che lo avrebbero portato con loro. Invece è rimasto qui, solo, senza scuola, sbandato".

C'è chi dice che la storia di Gomorra è maledetta; ci sono gia' stati episodi di attori che erano tornati ai vecchi errori; c'è chi dice che il confine tra fiction e realtà è troppo labile, e chi accusa lo "sfruttamento" dei ragazzini.

Ma noi una conclusione di speranza dobbiamo trovarla: ed è proprio quella che in parte identificava Vincenzino nel suo tema. La possibilità di un cambiamento è solo in un percorso educativo. Che sia la scuola o la famiglia, o una compagnia di amici veri. Occorre molta realtà. Non basta la legge, non serve la morale di una fiction.  Ma una realtà diversa, che ti educhi, cioè, come dice l'etimologia del termine, che ti conduca "fuori", ti strappi dalla meschinità e dalla violenza, e ti spalanchi su un orizzonte piu' grande, e più adeguato a quello che il cuore di tutti, anche il cuore di Vincenzino desidera.