La puntata di lunedì 1 novembre della seguita trasmissioneReport ha avuto un forte impatto mediatico sul caso dei piumini Moncler econtestualmente il titolo dell’azienda in Borsa scivola perdendo il 4,88%.

Rapporto di causa-effetto con la trasmissione condotta da Milena Galbanelli?Sembrerebbe di sì.

E’ proprio il caso di esclamare: roba da pelle d’oca. L’inviata del programma mostra le condizionidi un allevamento lager di oche in Ungheria, come ce ne sono altrettanti inRomania e paesi limitrofi. Uno sfruttamento che dà materia prima per imbottire trapunte, giubbotti ecuscini di molti marchi nel resto del continente.

A dispetto delle normative europee che prevedono il ricavo delle piume solo conla pettinatura, il servizio mostra un trattamento diffuso e molto doloroso,oltre che illegale, che viene praticato quattro volte l'anno. Le oche vengonospennate a vivo, lasciate ferite e sanguinanti, in una lunga agonia che spessofinisce in morte. Tutto ciò per la modica cifra di 30 centesimi ad animale, perun capo finito che in boutique costa intorno ai 1000 euro, considerando pure lespese di gestione, distribuzione e che il costo del prodotto considerato dilusso viene moltiplicato per un coefficiente pari a circa il 2,5 dalla fabbrica al negozio. Ne vale la pena?

Moncler, brand italiano ma non made in Italy: non dà lavoro in patria perché dasempre ha la produzione de-localizzata in Est Europa per i costi minori dimanodopera e materia prima, senza che ciò incida sul prezzo finale del prodotto,che è decisamente alto.

Una griffe di lusso nata dal rilevamento di una vecchiafabbrica di abbigliamento sciistico  daparte dell’allora anonimo ragioniere Ennio Ruffini, a capo dell’azienda. Ilpiumino Moncler deve molto il suo successo ad azzeccate campagne dicomunicazione e marketing, ma soprattutto per essere diventato negli anni '80uno status symbol del movimento sociale di cultura giovanile dei cosiddetti“paninari”, tanto che una discoteca di Milano nei giorni scorsi ha organizzatouna serata a difesa dell’azienda.

La Moncler risponde prendendo le distanze dal servizio diReport in Ungheria, dichiarando di servirsi soltanto di fornitori animalfriendly altamente qualificati, aderenti all’ente europeo EDFA, provenienti da Italia,Francia e Nord America.

 Inoltre, ha giàprovveduto a prendere vie legali per essere stata associata in modoimproprio  e strumentali a quelleimmagini forti ed appositamente fuorvianti, a loro avviso.

Come replica la stessa Galbanelli, Moncler parla di codiceetico aziendale, ma nell’etichetta all’interno dei capi non c’è prova dellatracciabilità e provenienza quindi da una filiera contro la spiumatura a vivo. Lasciandola diatriba aperta tra Report e la Moncler, sta a noi consumatori fare la differenzaed andare sul sicuro con l’acquisto di capiprivi di piuma d’oca (idem evitando lepellicce ed inserti in pelo), tra le innumerevoli scelte di materiali disintesi nati dalla ricerca in campo di tecnologia tessile. Imbottiture sintetichemorbide e calde, come ad esempio il Primaloft, che garantiscono eguale se nonmaggiore protezione contro il freddo.