Irene Battaglia, nata a Roma, è un’attrice italiana nota per il suo lavoro in televisione, cinema e teatro. È diventata particolarmente conosciuta dal grande pubblico per il ruolo di Marina Valli nel Il Paradiso delle Signore 10, dove interpreta un’attrice specializzata nei musicarelli, che la portano a viaggiare tra Roma e Milano. Una donna molto elegante, sicura di sé e determinata, capace di ottenere ciò che desidera, incluso l’amore di Matteo, con cui cerca di riallacciare i rapporti.

Oltre alla soap, Irene ha partecipato a diverse produzioni televisive e cinematografiche, distinguendosi per la capacità di dare spessore emotivo ai suoi personaggi.

Formata nella recitazione, vanta una solida esperienza teatrale che le ha permesso di affinare tecnica e presenza scenica.

Con il suo carisma e la naturale eleganza, Irene Battaglia è oggi considerata una delle interpreti più promettenti del panorama televisivo italiano, capace di coniugare talento e personalità sul set. Blasting News ha contattato Irene per un’intervista, durante la quale ha raccontato il suo mestiere di attrice, il legame con la sua amata Roma, ciò che la accomuna al personaggio di Marina Valli e ciò che ha imparato grazie a questa interpretazione.

Battaglia: ‘Marina mi ricorda una grande diva che farei fatica a trovare oggi’

Raccontaci un momento della tua carriera in cui hai capito che la recitazione non è soltanto un mestiere, ma un vero e proprio linguaggio.

Certo. Il mio è stato un percorso abbastanza contorto, in realtà. Ho frequentato il liceo classico, poi mi sono iscritta a Giurisprudenza e ho portato avanti i primi tre anni. A un certo punto ho vinto una borsa di studio per andare a Boston a fare un semestre. Lì mi sono resa conto che, in realtà, stavo cercando più corsi di recitazione che corsi universitari utili per i crediti.

Ci ho riflettuto un po’, mi sono presa qualche mese per pensarci bene e poi mi sono trasferita a Londra. Ho lasciato l’università, ho congelato gli studi – che sono ancora lì, e penso resteranno lì – e ho vissuto e studiato a Londra per tre anni. Poi sono tornata con il Covid, la Brexit… insomma, è successo tutto insieme.

Sono rientrata in Italia, “all’ovile”, a Roma: ovile inteso come casa. Diciamo che ho sempre cercato di trasferirmi, ho fatto anche un anno all’estero quando ero al liceo e mi sono sempre immaginata fuori dall’Italia, a essere onesta. Poi, con il Covid, non so cosa sia successo: forse quel clima un po’ apocalittico, distopico, e la necessità di stare più vicino alla mia famiglia. Era qualcosa che mi mancava, insieme, forse, anche all’estate.

Alla fine ho avuto il piacere di tornare qui. Roma è una via di mezzo rispetto all’Inghilterra, ma sicuramente mia madre è stata molto più contenta quando sono tornata.

Cosa ti mancava dell’Italia?

La quotidianità. Londra è una città bellissima, lì ho lasciato sicuramente un pezzo di cuore e, quando posso, ogni tanto torno: infatti sto progettando di andare qualche giorno durante queste vacanze di Natale.

È una città, però, molto molto difficile. Io andavo a scuola e lavoravo già la mattina presto, quindi durante il fine settimana facevo turni massacranti come hostess in un ristorante, anche di 12 ore al giorno. Poi, dal lunedì al venerdì, andavo a scuola.

Sono ritmi intensi, insomma. Anche solo per mantenersi bisogna lavorare parecchio, le distanze sono enormi e avevo amici di scuola sparsi per tutta Londra e anche fuori città. Vedersi per un caffè non era una cosa fattibile e, se ti sposti, ti sposti per una giornata intera.

E dunque, non so perché, ma sono un po’ in controcorrente nel pensare che Roma sia una città molto più vivibile di Londra. Saranno i ritmi, la mentalità, il clima… Avevo sottovalutato il clima, ma effettivamente si vive meglio a Roma, anche perché non c’è tutta quell’umidità che si trova a Londra.

Come ha fatto Londra ad avvicinarti all’arte e alla recitazione?

A Londra sono andata per studiare recitazione, quindi il mio primo approccio è stato proprio lì ed è avvenuto in inglese. All’inizio recitare in italiano mi faceva un po’ strano, però alla fine il vantaggio della lingua madre aiuta senz’altro.

Qual è stata la difficoltà principale, anche in relazione a questo mestiere? E qual è l’aspetto più sottovalutato, quello che il pubblico spesso non vede?

Ne ho in mente almeno quindici, se riesco a trovarne una.

Direi l’instabilità. In fondo credo che la si ricerchi anche, perché la stabilità è un lavoro a tempo indeterminato che resta lo stesso per tutta la vita, e forse non ho mai trovato qualcosa che mi piacerebbe fare in quel modo.

Mi piace spaziare e cambiare, però sicuramente il senso di stabilità non è indifferente.

Ci sono molti periodi di vuoto e di incertezza: quando finisce un progetto, molto spesso non si sa assolutamente cosa riserveranno i mesi a venire. È difficile avere certezze. Bisogna organizzarsi e accettare che la vita, a volte, funzioni così: finito un progetto, poi forse si aspetta, ci sono i provini. Si deve cercare di restare impegnati anche in altri modi e darsi una struttura, sia alla propria vita sia alle proprie giornate, a prescindere un po’ dal lavoro.

Quando non lavori, a cosa ti dedichi?

Il lusso, forse, anche quando non lavoro, è avere tanto tempo a disposizione, cosa che non avevo mai avuto prima.

Fino all’anno scorso lavoravo in un ristorante, sempre come hostess, da un paio d’anni, mentre adesso ho molto più tempo libero. Sono anche più libera di viaggiare, di andare a trovare familiari e amici che non vedevo da un po’.

Poi Roma è bellissima: basta uscire di casa e trovi sempre una mostra incredibile o anche solo il piacere di passeggiare. Io abito abbastanza vicino alla Caffarella, al Parco della Caffarella e al Parco della Piantarella, insomma c’è davvero una scelta per tutti i gusti.

Vado al cinema un paio di volte a settimana, ne sono appassionatissima, e ho ricominciato a leggere molto, un libro dopo l’altro. Insomma, una vita, anche questo è un po’ un lusso, perché ho tutto questo tempo.

È un lusso che non so quanto durerà, quindi finché dura me ne approfitto.

Il Paradiso è comunque un set molto corale, con tanti artisti e attori. Qual è la dinamica o il rituale che vi accomuna e che vi aiuta ad avere più fiducia tra colleghi, anche nelle scene più complesse?

Fin da subito sono stati tutti molto accoglienti e mi hanno aiutata a sentirmi a mio agio, anche perché da maggio, già nella prima settimana, ho iniziato abbastanza “col botto”. Ho lavorato molto e dovevo essere sul set per intere giornate. Questo è stato sicuramente reso meno pesante dal fatto di trovarmi in un ambiente estremamente positivo, circondata da persone che lavorano bene insieme e che hanno piacere anche di passare del tempo insieme.

Poi sono otto mesi di riprese molto intensi, soprattutto per la troupe e per i reparti di trucco e parrucco e costumi, che lavorano insieme a lungo e in modo affiatato.

Cosa hai in comune con il personaggio di Marina? C’è qualcosa, sul set, che ti fa sentire a casa?

Sì, devo dire che quando sono sul set mi sento viziata e coccolata dall’inizio alla fine. Tutti i reparti sono davvero incredibili, a partire da quello dei costumi: sono cose che, oltre a farmi sentire a casa, mi aiutano tantissimo a entrare nel personaggio. Ho la fortuna di indossare abiti meravigliosi: alcuni sono d’archivio, altri vengono confezionati apposta per me, ed è tutto davvero bellissimo.

Anche per quanto riguarda trucco e capelli è un’esperienza splendida.

La mia preparazione è particolarmente lunga: arrivo sul set alle sei del mattino e servono almeno un paio d’ore di preparazione, anche perché il mio trucco è un po’ più elaborato rispetto a quello delle altre ragazze. Per me è diventato un vero rituale, perché ti permette di calarti piano piano nel personaggio.

Poi sono tutte fantastiche e passo talmente tante ore nel reparto di trucco e parrucco che ormai lo sento come una seconda casa. È divertentissimo: ci facciamo grandi risate e sono davvero tutti fantastici. Insomma, dopo due ore di preparazione sul set mi sento quasi come una principessa.

Quali sono le differenze tra te e Marina che ti sorprendono di più?

Marina è un personaggio in continua evoluzione, che vedremo crescere andando avanti.

Già dall’inizio è una donna molto sicura di sé, che sa quello che vuole e va dritta al punto. Non guarda tanto in faccia nessuno e questa è una dote che, un po’, mi manca. Devo dire però che ogni tanto un po’ di Marina mi è rimasta addosso, e questa cosa mi fa anche sorridere.

È una persona molto energica, sempre positiva e solare, mentre io non lo sono sempre al cento per cento, anzi. Ed è bello anche poter imparare dai personaggi che si interpretano.

Cosa hai imparato dal personaggio di Marina?

Ho imparato un po’ di leggerezza. Secondo me è una donna molto ironica: viene ritratta come una persona giocosa, ironica e, a volte, anche autoironica. C’è poi la sua nonchalance, la sua sicurezza in se stessa, ed è proprio qualcosa su cui dovrei lavorare un po’ anche io.

Se dovessi paragonare Marina a un personaggio famoso del passato, chi sarebbe?

Mi sono andata a ripescare un po’ di informazioni su personaggi famosi del passato e, soprattutto, cercavo interviste di attrici di quell’epoca, che non sono facilissime da trovare. Mi sono imbattuta su YouTube in diversi video e, tra l’altro, ho visto di recente un quiz televisivo con Patty Pravo: una donna incredibile, simpaticissima.

Direi però che potrebbe essere anche Gina Lollobrigida. Ho notato che viene descritta in modo molto simile al personaggio di Marina: aveva quell’ironia e un lato un po’ bambinesco, a volte. La Lollobrigida lo interpretava particolarmente bene e, in un certo senso, mi è servita per osservare e cogliere quel suo lato.

Quindi direi una grande diva, una figura che oggi farei fatica a ritrovare.

Quando ti capita di rivederti nelle scene, ti osservi più da professionista o da spettatrice, o entrambe le cose?

Oddio, guardarmi completamente da spettatrice è un po’ difficile. Ovviamente riguardarsi non è mai semplice, credo. La cosa positiva è che passano un paio di mesi, forse anche di più, tra quando giriamo le scene e quando vanno in onda. Quindi, in realtà, non mi ricordo più davvero quei momenti.

Rivedermi aiuta e, se dovessi ricordarmi esattamente cosa stavo pensando in quel momento, forse sarebbe ancora più difficile. Riguardarmi mi mette un po’ in soggezione, ma credo serva molto anche per imparare, correggersi e capire cosa funziona e cosa no. In questo senso, è un’ottima opportunità.

Cosa ti ha insegnato il mestiere della recitazione come donna?

Come donna? Che devo stare tranquilla, perché le cose funzionano molto meglio quando lo sono. La cosa positiva di questo lavoro è anche il fatto che si sviluppi per tanti mesi: questo ti dà la possibilità e il tempo di tranquillizzarti.

È un lusso, questo lavoro, perché ti permette di conoscere bene le persone con cui lavori, di sentirti a tuo agio e di prendere confidenza piano piano con tutto il meccanismo della serie. E c’è ancora tanto da vedere: non è affatto finita qui.