Torna a farsi sentire l'idea di una Bad Bank per la gestione dei NPL. A parlarne è Andrea Enria, presidente dell'European Banking Authority, che per fronteggiare la montagna di oltre 1000 miliardi di crediti deteriorati propone la creazione di una Asset Management Company.

In sintesi, la proposta prevede il trasferimento al nuovo veicolo dei crediti deteriorati al "valore economico" con un orizzonte temporale di tre anni per procedere alla successiva rivendita. Qualora non fosse possibile rivendere i crediti allo stesso livello, la perdita verrà in ultima istanza subita dall'istituto cedente e la differenza tra valore economico e prezzo di mercato potrebbe costituire l'oggetto di aiuti di stato con una ipotesi di ricapitalizzazione precauzionale.

Il dettaglio della proposta e l'appoggio dell'ESM

L'occasione per esporre questo ipotetico progetto di sistemazione dei NPL a livello Europeo, è stata offerta da un seminario organizzato dal Meccanismo Europeo di Stabilità tenutosi in Lussemburgo. Il punto di partenza è ovviamente un contesto di generale debolezza del sistema bancario europeo, che contribuisce negativamente alla crescita economica e che vede nell'elevato stock di crediti deteriorati, oltre mille miliardi di euro il principale elemento di criticità. In particolare, con riferimento all'Italia, paese con un'incidenza tra le più elevate di crediti deteriorati, il governo è alle prese con il nuovo piano industriale di Montepaschi che impegnerà gran parte dello scudo salvabanche approntato sul finire dello scorso anno per fornire liquidità agli istituti in difficoltà e per procedere ad operazioni di ricapitalizzazione come quella in atto per mps.

L'aspetto che il presidente Enria ha tenuto a sottolineare è il carattere non mutualistico della proposta, che sotto questo profilo ha incassato anche il sostegno di Klaus Regling, direttore generale dell’Esm. Si ritiene infatti che un eventuale socializzazione dei rischi possa rendere più fragile il sistema indebolendo gli istituti sani per venire incontro a quelli in difficoltà.

Nell'ipotesi esposta, invece, in caso di mancato successo dell'operazione di rivendita, ciascun paese dovrebbe provvedere a ricapitalizzare gli istituti e gli azionisti subirebbero una perdita commisurata alla differenza tra i valori netti di bilancio dei crediti e il prezzo di trasferimento.