Si torna a discutere di flessibilità previdenziale e di rigidità nelle attuali regole di pensionamento grazie ad una nuova ricerca condotta ad opera dell'Unione italiana dei lavoratori (Uil). I dati presentati non lascerebbero molti dubbi in merito alla necessità di un intervento correttivo sulle attuali regole di quiescenza, se non altro per l'evidente differenza rispetto a quanto non avviene in media negli altri Paesi dell'Unione Europea. Il sindacato sottolinea infatti come gli abitanti del Bel Paese siano costretti generalmente ad uscire dal lavoro con 24 mesi di ritardo rispetto ai propri colleghi europei, mentre se si effettua il confronto con i Paesi extra - Ue la media sale addirittura fino a 48 mesi.

Del resto, le regole di pensionamento per l'accesso all'Inps sono chiare: gli uomini devono raggiungere i 66 anni e 7 mesi di età, mentre le donne del privato possono ottenere l'agognato accesso all'Inps solo con 65 anni e 7 mesi.

Riforma pensioni e confronto con l'UE: Italia tra le prime nazioniper età di uscita dal lavoro

Stante la situazione appena descritta, l'Italia apparirebbe il Paese con il primato sull'età più alta di pensionamento, se non ci fosse la Grecia ad aver recentemente innalzato i propri parametri, seppure garantendo ai cittadini ellenici diverse scappatoie grazie ai prepensionamenti. Proprio da questa considerazione partono le rivendicazioni sindacali della Uil, che non fa mistero di ritenere il contesto altamente penalizzante.

Un secondo argomento riguarda il fatto che tutti gli altri Paesi dell'Ue riescono a garantire maggiore flessibilità di pensionamento, motivo che dovrebbe far pensare ad una simile possibilità anche in Italia. Ricordiamo che l'età media di uscita in Ue si attesta attorno ai 64 anni e 4 mesi per gli uomini e ad un anno in meno per le donne.

Facendo gli opportuni confronti salterebbero fuori proprio i famosi 24 mesi in più di lavoro a cui sono attualmente chiamati gli italiani.

Anticipo Pensionistico e APE: permangono i dubbi sui tagli agli assegni

Se la questione dell'età di uscita dal lavoro continua a tenere banco, non si può tralasciare nemmeno il problema relativo ai futuri importi delle mensilità di coloro che decideranno di anticipare la quiescenza.

Proprio la Uil aveva lanciato un allarme al riguardo appena due settimane fa, spiegando che secondo i propri calcoli chi deciderà di ricorrere alla pensione anticipata tramite l'Ape potrebbe trovarsi a perdere fino al 20% del proprio assegno. La stima teneva conto del prestito ventennale sottoscritto dal pensionando, assieme agli interessi passivi da corrispondere all'istituto finanziario a cui si appoggerà l'Inps. Mentre fuori dal computo vi sarebbe ancorada considerare la sottoscrizione di una polizza vita a garanzia dell'eventualità di premorienza, con lo scopo di chiudere il prestito e tutelare i familiari in caso di evento avverso. Uno scenario sul quale però mancano ancora conferme e dettagli operativi, visto che il Governo sembra voler prendere tempoper approfondire ulteriormente il dossier in discussione.

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