Se per i lavoratori vicini alla pensione le notizie previdenziali degli ultimi anni sono alquanto negative, con la Legge Fornero che ancora oggi resta in vigore con tutta la sua pesantezza, per i giovani il discorso se possibile è anche peggiore. Il lavoro oggi latita, molti giovani sono disoccupati e molti hanno lavori discontinui, saltuari e precari. Che futuro possono avere i giovani in riferimento alla pensione che andranno a percepire da grandi? Una analisi pubblicata il 23 gennaio dal “Italia Oggi” èsemplice e cruda nel definire scenari negativi per questi soggetti.

Il sistema contributivo sarà penalizzante

L’analisi a cui facciamo riferimento ha preso in esame le Pensioni erogate dalla casse professionali figlie della Legge 103 del 2006. Si tratta delle casse per biologi, chimici, periti industriali ed infermieri, ma parla di una situazione calzante per tutti i lavoratori ed i liberi professionisti come commercialisti, avvocati e così via, in misura ancora peggiore. Si lavorerà una vita per ottenere una pensione inferiore al 30% dell’ultimo stipendio, questo in definitiva ciò che fuoriesce dallo studio. Infatti, la pensione media erogata nel 2016 da queste casse professionali ai propri pensionati è stata di circa 200 euro al mese cadauno, nemmeno la metà dell’assegno sociale INPS destinato a chi ha 65 anni e 7 mesi di età e non ha contribuzione da lavoro.

C’è da dire che le casse previdenziali di cui parliamo hanno durata massima di 20 anni, ma il dato è più grave se si prendono in esame carriere più lunghe. L’aliquota contributiva per queste casse è più bassa di quelle della gestione separata INPS ed il sistema di calcolo della pensione, cioè quello contributivo, fa riferimento al montante dei contributi versati e non allo stipendio.

Il meccanismo del calcolo contributivo quindi si basa su quanti contributi versati ed essendo inferiori le aliquote di questi soggetti, per chi dopo 30 anni di lavoro percepiva uno stipendio di 30mila euro, per via dei contributi versati, percepirà una pensione annua di 10mila euro circa. I versamenti nella Gestione INPS invece hanno aliquota al 25% e pertanto la pensione sarebbe migliore, pari a 20mila euro circa, ma sempre nettamente inferiore allo stipendio.

Che soluzioni ci sarebbero?

Lavorare una vita per diventare poveri quando si andrà in pensione rischia di diventare una brutta realtà. Questo lo scenario per chi non ha l’accortezza o non ha la possibilità di iniziare a versare nei fondi pensione diversi da quelli obbligatori, la classica previdenza integrativa, il salvadanaio per la vecchiaia. Le casse professionali che per non abbassare il reddito netto dei propri lavoratori hanno da sempre adoperato regimi di prelievi contributivi ad aliquote basse, stanno invertendo il trend, con molte di esse che iniziano ad avvicinare la percentuale del 20% di trattenuta per i contributi. Inoltre, spesso corrono in aiuto dei lavoratori consentendo versamenti facoltativi o erodendo parte delle trattenute destinate all’Ente o alle riserve, rigirandoli nel montante contributivo dei soggetti.

Il quotidiano “Il Sole24Ore” ha l’elenco delle trattenute previste cassa professionale per cassa professionale, proprio per mettere in luce queste differenze e per consentire ai lavoratori di avere un quadro ben delineato di cosa fare. Le lettere arancioni che l’INPS manda ai lavoratori, circa la loro pensione futura potrebbe essere d’aiuto, ma sembra che la famosa corrispondenza che l’Istituto doveva mandare a tutti, non è ancora completamente attiva. Per questo c’è attesa sull’apertura della fase 2 di lavoro tra Governo e Sindacati in materia previdenziale, nella quale si dovrebbe parlare di pensione di garanzia, cioè della soglia minima di pensione sotto la quale non si dovrà scendere per non rendere poveri i futuri pensionati.