Gli italiani hanno votato per le amministrative domenica scorsa e hanno sancito la fine dell'idillio tra loro e Renzi. I democratici fedelissimi del Premier raccontano che il voto amministrativo non ha valenza politica, ma quello che appare certo è che le cose per loro stanno cambiando e molto.
Le cause di una sconfitta
Dopo due anni di governo e tante promesse non mantenute, una tra tutte l'aver finto di abbassare le tasse da una parte per aumentarle dall'altra, Renzi sta arrivando probabilmente al capolinea. Il modo spregiudicato e arrogante di governare non gli ha giovato, quasi sempre ha imposto i provvedimenti del suo governo a colpi di maggioranza, avvalendosi senza alcuna remora del partito, non proprio immacolato, di Verdini (anche se oggi si è affrettato a definire chiusa la collaborazione), è riuscito a provocare una scissione nel suo partito che non ha condiviso scelte politiche importanti, l'ultima in ordine di tempo, la Riforma Istituzionale che sarà sottoposta a referendum nel prossimo ottobre.
Proprio lo smantellamento della base del PD in città e regioni italiane è stata la causa principale della sua attuale debacle, i militanti hanno deciso di non seguirlo, per loro Matteo Renzi è un corpo estraneo che con la sinistra non ha nulla a che vedere.
I ballottaggi a Roma e Milano
Ora si attende il risultato di alcuni ballottaggi previsti tra 12 giorni, infatti a Milano e a Roma i candidati in corsa per la poltrona di sindaco (Sala a Milano e Giachetti a Roma) sono stati scelti personalmente da Renzi, anche se entrambi tentano di disconoscere il loro promoter. Naturalmente ciò che accadrà in queste città sarà molto importante per il premier, ma c'è da aspettarsi che, viste le tendenze degli elettori, a Milano vinca Parisi (Cdx) e a Roma la Raggi (5Stelle).
Il Referendum di ottobre
Sarà però il referendum di ottobre sulla Riforma Istituzionale a decretare la fine o la sopravvivenza di Renzi. I partiti di opposizione e molti Comitati per il NO creati da costituzionalisti e intellettuali, daranno battaglia per bloccare le riforme approvate dalla sola maggioranza, perché giudicate azzardate per la democrazia.