Nonostante dati ufficiali collochino l'informazione italiana in Serie B come livello democratico e libero, l'Ordine dei Giornalisti, in perfetto copione orwelliano, sceglie il negazionismo quando ad esempio è sotto attacco. E'in queste ore nota la cosiddetta lista di proscrizione segnalata all'Ordine da parte del grillino Luigi Di Maio che già definirla cosi, ritornello di certa stampa, la dice lunga sull'anacronismo storico dell'Ordine stesso, che ci sta a fare allora? Quando poi la risposta ufficiale è nessuna risposta e anzi spicca la notizia di Di Maio stesso moroso con l'Ordine da un paio di anni in quanto egli stesso iscritto, siamo all'ennesima sceneggiata all'italiana.

Urgono riflessioni radicali in senso globale.

Dopo Internet cambia il giornalismo

Più in generale la vicenda rivela quel che da anni gli esperti di internet prevedono: oggi i veri giornalisti sono i blogger (“Ogni persona è notizia” diceva un certo Derrick de Kerckhove, celebre massmediologo e “allievo” del quasi leggendario Marshall McLuhan, lo stesso Morin), nel bene e nel male, qualsiasi autoreferenzialità giornalistica tradizionale, leggi patentini vari di pubblicista eccetera, è come multare gli astronauti in orbita per occupazione del suolo pubblico siderale. Al di là delle denunce del grillino contro certi giornalisti poco neutrali verso il M5Stelle, si nega la fine dell'informazione cartacea in sé, secondo le banali leggi della scienza dei media stessi.

I New Media non si sommano a quelli precedenti ma li trasformano e azzerano, nuovi paradigmi si impongono strutturalmente. Dietro l'insofferenza dei media tradizionali e dei loro diversamente sindacati, gira e rigira, la motivazione profonda è sempre quella: lasciando perdere persino la mala fede, espressa in certo ideologismo o mandarinaggio tipici del carattere nazionale di cui spesso il giornalista è esemplare quasi da laboratorio, la vecchia generazione “tipografica” (e parzialmente anche televisiva) resiste alla mutazione dell'informazione postweb.

Blogger contro giornalisti

Il giornalista, riassumendo, che crede ancora nei patentini o nell'Ordine dei Giornalisti è semplicemente un dinosauro, un burocrate dell'informazione, specchio della burocrazia malattia epocale che caratterizza il pensiero unico prevalente in ogni campo del Reale. Non è più tempo di dibattiti fuorvianti, urgono visioni radicali e semmai, sulle famose questioni della cosiddetta postverità, nuove analisi e nuove legislazioni “leggere” ma puntuali, alla luce dell'Informazione Reale del nostro tempo, definita paradossalmente virtuale, capendo poco della tecnologia come semplice estensione della mente umana e antenna fibra ottica dell'inconscio sociale.

Tra pochi anni l'informazione cartacea sarà solo elettronica, una specie di app capace di autoaggiornarsi in un foglio unico speciale anche materialmente vendibile in edicola. L'Ordine dei Giornalisti sarà un ricordo di altra epoca. Rispondere a Di Maio con una specie di Equitalia virtuale riflette soltanto il canto del cigno dell'Ordine stesso e dei giornalisti reificati e mediocremente tuttologi, spesso "ignoranti" e spesso braccio o penna diversamente armata di ogni regime, anche democratico.