Strascichi di una campagna elettorale mai conclusa, effetti di una propaganda strumentale che ha pagato in termini di consenso. La Lega torna a puntare il dito contro i migranti e lo fa con i suoi governatori di spicco: Roberto Maroni e Luca Zaia. Secondo i dati diffusi dal Viminale, l'Italia ha accolto più di 50mila disperati provenienti dalla Libia, 10mila in più rispetto allo stesso periodo del 2014. Un trend destinato inesorabilmente a lievitare nel corso della stagione estiva e che riaccende la discussione sul problema dell'accoglienza dei futuri profughi.
Fino ad oggi tutte le Regioni italiane (anche se iniquamente) hanno concorso alla gestione delle precedenti emergenze. La solidarietà, il rispetto e l'altruismo sono stati da sempre i valori di un'Italia che ha saputo farsi portatrice di un dovere primario: restituire dignità e libertà ad essere umani finiti alla deriva.
La minaccia del Fronte del Nord
Il risultato della Lega di Salvini alle regionali ha fatto già scuola. È lui il nuovo leader del Centrodestra e, squilibrato a destra, è l'asse della coalizione che rappresenta. Da ciò nasce il diktat dei presidenti delle due Regioni targate Carroccio, Lombardia e Veneto: gli amministratori locali che accoglieranno nuovi immigrati, nonostante il divieto imposto dall'alto, subiranno il blocco dei fondi regionali destinati ai Comuni.
Una minaccia senza precedenti, che avrebbe chiare ricadute economiche sugli enti locali che più di altri devono fare i conti con la crisi economica nel Paese. Una strategia quasi eversiva dei principi democratici subito sposata dal neogovernatore della Regione Liguria, Giovanni Toti. "Il governo deve smetterla di frignare sui profughi - ha commentato l'ex giornalista - e scriverò ai prefetti e ai sindaci per bloccare gli arrivi".
A vincere ora è solo la demagogia
Tutti devono fare la propria parte, specie se l'oggetto del contendere è quella linea sottile che separa la tragedia dalla sopravvivenza. L'Italia, per la sua posizione geografica, è considerata da chi fugge dal Nord Africa un trampolino di lancio per l'Europa, non una nuova casa. Forse anche per questo il nostro Paese è stato lasciato troppo solo dall'UE disponibile più a elargire milioni per la gestione delle emergenze, che a contribuire attivamente alla loro risoluzione.
Se la distribuzione dei profughi sul suolo nazionale è uno dei nodi centrali della discussione, in egual modo il problema resta vivo sul trasferimento di molti di questi negli altri Stati membri. A vincere ora è solo la demagogia. Raccogliere i malesseri degli italiani e rilanciarli in chiave propagandistica farà aumentare certo i consensi elettorali, ma anche il triste numero dei morti del mare.
L'uscita di Maroni contra legem
Quello che più emerge da questa vicenda è l'incoerenza del politico Maroni. Nel 2011, da ministro dell'Interno, si prodigò per far accogliere gli immigrati in tutte le Regioni. Oggi, da governatore, ha sventolato ritorsioni per i sindaci colpevoli di aprire le porte a questi sventurati.
"Siamo in uno Stato di diritto e il suo atto è contra legem. Qualsiasi Comune potrebbe denunciare un simile arbitrio" ha affermato Roberto Zaccaria, presidente del Consiglio Italiano per i Rifugiati. "Lo Stato italiano a cominciare da Mare Nostrum e dal dialogo con l'Europa - ha sostenuto - sta facendo assai bene il suo dovere". Resta però l'esigenza di stabilire delle regole assolute. "Non stiamo parlando di cifre spaventose da gestire - ha concluso Zaccaria - ma di 70mile persone che arrivano ogni anno e che potrebbero essere assorbite facilmente dai Comuni, specie quelli in piena crisi demografica. Non facciamoci prendere la mano da una sorta di populismo superficiale".