Sappiamo che la scienza sta facendo dei passi da gigante e questo lo deve certamente anche all'ausilio della Tecnologia che studia la robotica; 'una mano' in più per la chirurgia negli interventi di routine o in quelli più delicati e di qualsiasi genere atti a sfidare il tumore. Tutto questo porta a riflettere su quello che fino ad oggi è stato portato sul tavolo operatorio e che ancora sorprende per le capacità elevate che riesce ad apportare la tecnologia d'avanguardia in collaborazione ai medici specialisti. Il sistema Robotic Assisted Surgey consente al chirurgo di intervenire sul paziente, comandando a distanza per mezzo di una consolle dotata di monitor, ogni più piccola manovra dei bracci robotici operando in chirurgia mininvasiva.

Ricordiamo di queste tecnologie la sonda robotica 5G della Ericsson, il tavolo operatorio integrato, cui è stato dato il nome 'Da Vinci Xi' e utilizzato per neoplasie del colon retto, in ginecologia, urologia, chirurgia generale, toracica e cardiochirurgia.

La sfida fra tecnologia robotica e chirurgia

Così oggi, mentre ci avviciniamo agli albori della metà del nuovo biennio, questa tecnologia si 'scontra', in senso metaforico, con la chirurgia tradizionale che si chiede se l'avvento della robotica in sala operatoria, sia migliore della chirurgia tradizionale operata da medici specialisti che operano manualmente in 'campo' con l'esperienza guadagnata nel tempo. Questo quesito viene posto sull'intervento di tumore alla prostata, in un test portato avanti tra il 2010 e fine 2015 dai ricercatori australiani del Royal Brisbane & Women's Hospital.

La sperimentazione ha necessitato della presenza di 326 uomini affetti da carcinoma alla prostata ed è consistito nell'averli operati, metà con l'ausilio della chirurgia robotica con un intervento di prostatectomia laparoscopica, mentre l'altra metà è stata operata chirurgicamente a 'cielo aperto' con una prostatectomia radicale retropubica.

Risultati dell'esperimento australiano con quello italiano

L'esperimento portato a termine nella clinica australiana, è stato analizzato dopo 12 settimane e non ha evidenziato differenze significative in riguardo al riacquisto delle funzioni urinarie e sessuali dei pazienti, oltre che nella resezione del tumore stesso; ma si è potuto constatare che utilizzando la chirurgia mininvasivaper mezzo dellarobotica,si sono avuti i seguenti vantaggi: meno dolore, poco sanguinamento e una guarigione decisamente più immediata rispetto all'utilizzo della chirurgia tradizionale.

Lastessa opinione l'avrebbe avuta il Dr. Bernardo Rocco, direttore scientifico della 'Fondazione Ricerca e Terapia in Urologia' e urologo nell'ospedale Policlinico di Milano, evidenziando il 'pareggio' dei due risultati; sia in riguardo alla sicurezza del paziente che per l'estirpazione radicale del tumore. Gli studi in materia proseguono e attualmente sembrano orientati a stabilire eventuali effetti collaterali, a distanza di tempo, sui pazienti sottoposti a questi due tipi di interventi, ma quello che si evince dall'esito dell'esperimento, è che grazie all'utilizzo della chirurgia robotica, un chirurgo con minore esperienza rispetto a uno di fama mondiale, può avere grazie alla tecnologia, le capacità tecniche per eguagliarlo.