L'Italia è caratterizzato da una sovrapposizione di rischi naturali che ha pochi riscontri al mondo. Terremoti, eruzioni vulcaniche e dissesto idrogeologico si verificano in modo ricorrente su buona parte del territorio nazionale. La situazione è aggravata dall'antropizzazione del territorio e da carenze nella prevenzione che rendono disastrosi gli effetti di fenomeni anche non particolarmente forti. Un'informazione equilibrata e obiettiva su questi specifici temi può essere un forte strumento di buon governo per la salvaguardia di un patrimonio culturale e ambientale senza prezzo, ma per il cui mantenimento dei costi devono pur essere pagati.

La situazione italiana non è affatto tranquillizzante, come dimostrano i continui disastrosi effetti di frane e alluvioni sugli abitanti e sulle popolazioni della penisola, un caso recente è proprio l'allagamento di Livorno. Oltre a questo abbiamo anche una diffusa elusione delle normative antisismiche per l'edilizia, la piaga dell'abusivismo edilizio che accresce notevolmente la vulnerabilità sismica e geologico-idraulica del paese e infine un poco interessamento verso i problemi di protezione dei beni culturali.

Meglio prevenire che curare

Nonostante le frequenti inondazioni, la conoscenza della vulnerabilità di aree particolarmente importanti del territorio, la tendenza diffusa nell'opinione pubblica a non preoccuparsi del rischio dovuto ai fenomeni non immediati o comunque non definiti precisamente nel tempo, ancorché attesi per il calcolo delle probabilità, è infatti ancor più rilevante nel caso dei beni culturali.

Si ritiene quindi necessario uno sforzo particolare affinché queste problematiche vengano sempre meglio apprezzate e affrontate.

L'osservazione dei disastri naturali in Italia risale all'antichità: si pensi alla famosa eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei e all'origine stessa del termine vulcano. Malgrado ciò, si è avuto un decollo tardivo delle moderne scienze della terra e dell'approccio alla moderna protezione civile.

Per quanto riguarda lo stato attuale della conoscenza e della ricerca di base e applicata, di rilevanza anche per la prestazione di servizi scientifici e attività di supporto, è opportuno che in Italia arrivi una seria discussione assicurando che vi siano dedicate attenzione e risorse almeno pari a quelle riservate agli studi e alle attività di monitoraggio nel campo meteo-climatico.

In linea generale, la gestione dei rischi associati ai vari fenomeni da parte delle strutture di governo centrali e locali potrebbe essere migliorata cambiando sostanzialmente le priorità della politica ambientale e, più in generale, le priorità di governo.

Quando si parla di disastro naturale o artificiale?

Per concludere, è utile sapere che per individuare in modo rigoroso i disastri naturali, come ad esempio un'Alluvione, è necessario rispondere ad almeno due quesiti. Il primo riguarda la rilevanza del danno indotto. Chiaramente, tale danno deve essere severo, con la distruzione o messa fuori uso di infrastrutture, danneggiamenti a edifici, proprietà o elementi anche naturali del paesaggio, e la presenza di feriti o fatalità.

Sui mezzi di informazione, per ragioni mediatiche o anche di qualificare come disastri anche fenomeni che tali non sono, come una normale grandinata che abbia effetti dannosi sulla produzione agricola. I disastri naturali possono causare, oltre al danno immediato o precoce, numerosi effetti tardivi, come i fenomeni di degrado territoriale, desertificazione, perdita di biodiversità, oltre ovviamente alle conseguenze socio economiche.

Il secondo quesito concerne la distinzione tra disastri naturali e disastri causati dall'uomo. Una sovrapposizione di origine è evidente ad esempio nel caso di alcuni dei grandi incendi. Essa è in genere invocata dai fautori dell'origine principalmente antropica dell'effetto serra per gran parte degli effetti collegati al cambiamento o alla variabilità, i cui danni sono in effetti dipendenti anche dall'insufficiente o scorretta gestione del territorio.