Per la serie BlastingTalks intervistiamo Raffaella Giugni, Responsabile Relazioni Istituzionali Marevivo. Un'associazione nazionale riconosciuta dal Ministero dell'Ambiente che da più di 30 anni si occupa di tutela del mare e delle sue risorse.

Blasting Talks è una serie d'interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali. Leggi le altre interviste della serie sul canale BlastingTalks.

Come nasce Marevivo e in che modo si differenzia dalle altre associazioni che operano a tutela del mare?

Marevivo nasce quasi 40 anni fa dalla visione di un gruppo di persone che in tempi non sospetti si erano resi conto che stava succedendo qualcosa al mare. Quindi nasce semplicemente dalla passione per la natura e dall’osservazione della realtà. La nostra visione è di proteggere il mare e fermare i danni che la civiltà sta causando a un bene comune così prezioso. Perché il mare produce più del 50% dell’ossigeno che respiriamo e assorbe l’anidride carbonica come le foreste. È quindi essenziale per assicurare la sopravvivenza della terra. L’associazione è indipendente, apolitica e dipende soltanto dalle donazioni e dal supporto di cittadini privati, aziende o fondazioni. A differenza di altre associazioni, non abbiamo una casa madre all’estero.

Siamo italiani e lavoriamo in Italia e nel mar Mediterraneo.

Quali sono le principali attività che portate avanti?

Oggi continuiamo a protrae avanti le attività di pulizia delle spiagge, per le quali siamo stati precursori. Ma facciamo molto altro, perché è chiaro che questa non può essere la soluzione. Accanto a questo ci sono le campagne di comunicazione e di divulgazione, perché la cosa più importante è creare consapevolezza e conoscenza nelle persone.

Le nostre campagne partono sempre da un’indicazione del nostro comitato scientifico.

Può fare un esempio pratico?

Basti pensare alla nostra campagna sulle microplastiche. Nel 2018 abbiamo iniziato un’intensa attività di comunicazione sul tema proprio perché il mondo scientifico aveva sollevato il problema, che allora nessuno conosceva.

Alla fine la nostra campagna ha portato ad una legge che proibisce le microplastiche nei cosmetici da risciacquo. Un’altra attività che è appena arrivata al capolinea è stata la “legge salva mare” (n.d.r., legge numero 60 del 17 maggio 2022, recante disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare). All’interno di questa legge ci sono tante azioni concrete e reali per la protezione dei mari.

Quali sono le difficoltà che vi trovate ad affrontare come organizzazione?

Le difficoltà sono tantissime. Di base ci sono le necessità di sostentamento della struttura, perché essendo indipendenti tutto quello che facciamo è realizzato grazie ai donatori.

Per fortuna abbiamo tanti volontari e anche donatori di tempo. Ma il problema vero è quello di trovare persone e istituzioni sensibili a questi problemi. Perché ognuna delle nostre azioni coinvolge interessi economici importanti.

Lo scorso mese avete scritto ai partiti e a tutti i candidati che hanno partecipato alle recenti elezioni: cosa chiedete alle istituzioni e quali sono le vostre aspettative?

Facevamo una breve agenda di quali dovevano essere le azioni principali che la nuova legislatura avrebbe dovuto prendere in considerazione. La prima tra tutte è che manca una politica coordinata per il mare. Perché oggi il mare è spezzettato tra molti ministeri. Ed ognuno si occupa separatamente del mare.

E invece è necessaria una politica integrata, perché il mare per l’Italia è un asset fondamentale. Poi ci sono altre richieste specifiche, ad esempio sui decreti attuativi. Perché di molte delle leggi delle quali abbiamo parlato mancano i decreti attuativi.

La crisi climatica e lo stato dei nostri mari sono strettamente connessi: come si influenzano l’un l’altro?

I cambiamenti climatici ovviamente sono interconnessi con il mare. Il mare che si riscalda, ad esempio, ha un impatto negativo su tutta la biodiversità. Quindi vediamo la sparizione di una parte importante della biodiversità. C’è poi l’introduzione di specie aliene che popolano i nostri mari e che creano dei problemi enormi all’equilibrio del mare.

Per non parlare dell’innalzamento del livello del mare.

Dal vostro punto di vista ritenete che i recenti avvenimenti internazionali abbiano attenuato l’attenzione su questa emergenza?

Tutto quello che è successo negli ultimi anni è stato molto pesante per l’ambiente, a cominciare con la pandemia. Basti pensare al caso della plastica monouso. A causa della pandemia, la quantità di frutta e verdura in confezioni di plastica è aumentata in maniera esponenziale perché le persone pensano che sia più sicura. Creando dei problemi enormi di smaltimento. Infatti, il problema vero è che si produce troppa plastica e troppi rifiuti. La guerra poi ha riportato in primo piano tutto il problema dell’energia.

Marevivo parla da sempre dell’importanza di sviluppare le energie rinnovabili. E la realtà della guerra ci sta dimostrando tutti i limiti della dipendenza dagli idrocarburi.

Guardando al futuro, cosa vi aspettate dai prossimi anni? Pensate che le persone riusciranno davvero a sviluppare una maggiore sensibilità verso le tematiche della difesa dei mari e dell’ambiente?

Io credo ovviamente che già le nuove generazioni siano molto più consapevoli rispetto a questi temi. Credo che un ruolo fondamentale in questo cambiamento lo abbiano i media. Perché hanno un potere di penetrazione che noi singole associazioni non avremo mai. Quindi il supporto dei media in questa transizione è fondamentale. Lo abbiamo visto con la pandemia, dove hanno avuto un ruolo fondamentale.

Abbiamo molta fiducia nelle nuove generazioni perché vediamo che sono molto sensibili. Ma il problema è che non possiamo aspettare oltre. È la nostra generazione che ha in mano il cambiamento. Quindi siamo noi che lo dobbiamo realizzare, anche se siamo meno sensibili. Perché in fatto di difesa dei mari e ambiente, il cambiamento è davvero urgente.

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