Per la serie BlastingTalks intervistiamo Attilio Palumbo, founder & PM di The Green Hub, un immobile di proprietà del Comune di Cava de’ Tirreni, in Campania, affidato all’Associazione Terra Metelliana ETS – Circolo Legambiente. Nella struttura si formano donne e uomini capaci di creare valore economico e sociale attraverso un approccio che punta a ridurre gli impatti ambientali e a generare progresso, grazie alle leve competitive offerte dalla green economy.

Blasting Talks è una serie di interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali.

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Partiamo dall’idea alla base del vostro progetto: ci può raccontare com’è nato e di cosa si occupa The Green Hub?

C’era un immobile abbandonato da otto anni e dei giovani con il desiderio di costruire un luogo di opportunità per chi avesse voglia di non andare lontano a studiare o a lavorare. Nasce da questo desiderio The Green Hub di Cava de’ Tirreni (SA) nel 2017. Candidando l’idea a un bando della Regione Campania, insieme a otto partner, tra i quali il circolo locale di Legambiente, il Comune e Confindustria Salerno. Da allora il centro, che si estende su circa 400 metri quadri, ha ospitato oltre 50 laboratori sul recupero degli oggetti e sulla creazione di eco-arredi, ha erogato migliaia di ore di formazione gratuita, ha ospitato scuole e aziende in visita, ha incubato start-up e giovani co-worker negli spazi comuni.

Tutto senza mai chiedere un contributo economico ai ragazzi, ma trovando le risorse per sostenere il centro da bandi pubblici o da aziende partner.

Quale scopo perseguite e quali sono le principali leve a cui fate ricorso dal punto di vista pratico?

Ad oggi The Green Hub è uno strumento per attuare, in modo concreto, processi di sviluppo (sostenibile) del territorio in cui opera.

La fa attraverso il potenziamento delle competenze chiave richieste dal mercato e dalla transizione ecologica, dialogando con aziende innovative che cercano giovani e idee per riconvertirsi o per continuare a crescere. Con loro creiamo percorsi ad-hoc o facciamo scouting di talenti. Al contempo, creiamo un ambiente dove giovani lavoratori, studenti e startupper possono confrontarsi e sviluppare il proprio potenziale: un luogo di co-working accessibile a tutti e ben orientato sui temi del programma NextGenerationEU.

Cosa vi differenzia rispetto a un incubatore tradizionale?

Siamo riconosciuti come un polo comunale, gestito dal circolo Legambiente di Cava de’ Tirreni (terrametelliana.it), di cui sono il presidente. È proprio l’impronta Legambiente a conferire al centro una veste unica in Italia. Una veste di spazio collaborativo e inclusivo, ma anche attento agli impatti positivi che ogni idea di business deve avere. Concetto quest’ultimo che viene trasmesso attraverso le ore di consulenza gratuita che offriamo alle nostre startup e ai co-worker, così come in tutti i nostri eventi formativi. Inoltre, aiutiamo i giovani e i professionisti a trovare occasioni di lavoro presso aziende del territorio, in modo tale che le loro competenze rimangano a servizio del territorio e non si vedano costretti a emigrare lontano.

In che modo interpretate e fate vostro il concetto di economia circolare?

Lo facciamo nostro soprattutto realizzando in prima persona elementi di arredo dal design ricercato che abbelliscono il centro. Allo stesso tempo organizziamo i Repair Café, ovvero dei momenti informali dove, oltre a sorseggiare un buon caffè offerto da noi, si insegna a costruire accessori e mobili partendo da oggetti di scarto che chiunque può portare all’evento.

Passiamo ai vostri percorsi formativi: come sono strutturati e in che modo si sviluppano?

Uno degli obiettivi del centro è quello di sviluppare le competenze dei giovani unendo, però, una doppia esigenza: rispondere alla domanda di lavoro delle aziende e permeare ciascun percorso formativo con i concetti di sostenibilità ambientale e di riduzione degli impatti socio-ambientali sul contesto territoriale.

Ad esempio, ad aprile parte un ciclo di 10 workshop sul fare business attraverso le nuove leve del digitale (parleremo di blockchain, metaverso, growth hacking, etc.). Tutti temi che ci sono stati posti all’attenzione dalle aziende con cui interagiamo e grazie ai quali dedicheremo del tempo anche a far ragionare i giovani partecipanti sugli impatti che le loro scelte possono avere sul pianeta.

Qual è stato l’impatto della pandemia sulla vostra realtà?

L’impatto è stato forte, il centro è rimasto chiuso per qualche settimana durante i lockdown più duri e ci siamo trovati a confrontarci con un tessuto giovanile disorientato e meno motivato rispetto al passato. Sin dal primo mese però abbiamo reagito creando eventi online di confronto e dirette Facebook che potessero anche riportare l’attenzione verso i nostri temi.

Però, uno dei motivi che ci spinge ancora oggi a investire tempo ed energie nel The Green Hub è che durante i periodi di restrizioni, pur rispettando le disposizioni di legge, il centro è rimasto un punto di riferimento per chi voleva trovare un luogo dove scambiare una chiacchiera o confrontarsi su un argomento di proprio interesse. Cosa, questa, che oggi ci sembra di nuovo scontata, ma che fino a qualche mese fa non lo era affatto. Ora stiamo provando a fare tutto di nuovo in presenza, ma il periodo pandemico ci ha lasciato un’importante eredità e l’opportunità di erogare i nostri servizi in maniera ibrida, riuscendo ad arrivare ai giovani più facilmente rispetto al passato.

Rispetto al settore nel quale operate, come immaginate il vostro progetto tra 10 anni e quali cambiamenti si potranno osservare a vostro parere in Italia?

Tra 10 anni The Green Hub può rimanere anche ciò che già è oggi. Con l’esplosione incontrollata del digital e dei social media e con il timore sempre maggiore di frequentare posti al chiuso per molto tempo, molti luoghi di aggregazione chiuderanno (penso anche al cinema, luoghi di lettura o circoli sociali). Ci sarà bisogno di luoghi che consentano l’incontro fisico, lo scambio dal vivo di competenze, opinioni e interessi. Noi continueremo comunque a investire sulla formazione a distanza, sugli eventi anche online e sul digitale in generale. Può sembrare un paradosso, ma immaginiamo che luoghi come The Green Hub saranno quanto mai rari e allo stesso tempo dei fiori all’occhiello per le città, capaci di restituire quella socialità, quel confronto d'idee e quella voglia di migliorare il contesto, di cui avremo sempre più bisogno.

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