Che Luciano Moggi, ex direttore sportivo di Lazio, Napoli, Roma, Torino e della Juventus, abbia avuto dei trascorsi calcistici è cosa risaputa, come del resto il fatto che abbia militato nell'Akragas in Serie D. Ma quello che forse tutti non sanno è che l'esperienza tra i dilettanti dell'Akragas segnò profondamente le scelte di vita del giovane Moggi. Infatti ancora una volta nel suo ultimo libro, "Il pallone lo porto io", scritto in collaborazione con il giornalista del Resto del Carlino Andrea Ligabue, riserva ampio spazio alla sua esperienza akragantina, addirittura dà li fa iniziare la sua carriera come osservatore. Luciano Moggi, per sua stessa definizione, in campo era uno stopper grande e grosso che picchiava, anche parecchio. Della mia esperienza nella città dei templi - sono parole tratte dal libro - rammento che a volte a fine allenamento negli spogliatoi non c'era neanche l'acqua calda, del campo l'assoluta mancanza di erba, solo terra che quando cadevi per ginocchia e gomiti erano dolori, lo stadio da seimila posti sempre pieno.
Della città - continua - ricordo l'accoglienza della gente, ma anche la povertà e il nulla più assoluto, ricordo un solo cinema come svago, mentre a mare non andai nemmeno una volta, come del resto nella Valle dei Templi. Per sua stessa ammissione, non sarebbe mai salito di categoria e complice anche il vedere i compagni di squadra sposati che avevano difficoltà a vivere di calcio, maturò la convinzione che come calciatore non avrebbe avuto un futuro. Tant'è che lo stesso scrive "L'esperienza all'Akragas, negativa sotto il profilo agonistico, fu decisiva per il mio futuro". A fine stagione tornò nella sua Monticiano, dove ad aspettarlo c'era Giovanna, la fidanzata dell'epoca, vinse un concorso da capo stazione, ma cosa più importante per la sua carriera, riuscì a diventare osservatore della Juventus che fu il suo trampolino di lancio per una carriera culminata con l'esperienza di direttore sportivo sempre con la società bianconera.