Perché ricordare ancora Meroni ad ormai 47 anni esatti dalla sua morte? Perché è stato qualcosa di unico e irripetibile, qualcosa di più che un semplice calciatore. Gigi Meroni è stato lo spirito di un tempo, fatto calciatore. È stato una promessa di felicità come tante utopie di quei tempi. Chi ama il calcio, ma direi lo sport in senso più assoluto, non può non ricordare la Farfalla granata con la maglia numero sette, un calciatore unico, diverso da tutti gli altri. Certo, era un calcio assai meno muscolare e atletico di quello di oggi, lontano ormai.

Gigi invece colpiva la palla con le carezze. Traiettorie pennellate, morbide, dribbling in scioltezza e eleganza, tale, da far innervosire i rudi e forti terzini di quelle stagioni, gente come Facchetti e Burgnich, per esempio, terzini della Grande Inter di Moratti Padre. Talento puro Gigi, e sregolatezza, ma anche un amico per i compagni di squadra, un collante per lo spogliatoio; e non è solo calcio, ascolta i Beatles e la musica jazz, dipinge quadri legge libri e scrive poesie. Mezzo miliardo, una cifra per quei tempi impensabile, l'offerta di Agnelli per portarlo alla Juve. I tifosi del Toro, pronti alla rivolta, impediscono il trasferimento.

Luigi Meroni nasce a Como il 24 febbraio del 1943; i primi calci a un pallone nel campetto dell'oratorio di San Bartolomeo, poi la Scuola Calcio nel vivaio del Como.

Diciannovenne passa al Genoa dopo aver brillato con i lariani, è l'estate del 1962. Il grifone di quegli anni è secondo per campionati vinti solo alla Juventus, un onore per Gigi, nei due anni a Genova lascia solo intuire quello che può fare. L'esplosione nel 1964, con il suo passaggio al Torino di Nereo Rocco. Quando Edmondo Fabbri lo chiama in nazionale gli impone la condizione di tagliarsi i capelli, la giovane ala destra del Torino non rinnega il suo ego e rifiuta la convocazione.

Non è una questione di immagine come accade oggi, lui era così. Vestirà ugualmente la maglia della Nazionale, ma è in panchina quando un dentista nord coreano ci butta fuori dal mondiale. Ha disputato 145 partite in Serie A, realizzando 29 reti, qualcuna delle quali da cineteca: come il pallonetto dal limite dell'area finito piano piano all'incrocio dei pali della porta dell'Inter a San Siro che valse la sconfitta casalinga dei neroazzurri dopo tre anni di risultati utili consecutivi..

Quello che resta più impresso sono i suoi tiri, i suoi cross, tra palla e terreno in quel momento regna una leggerezza irreale.

La tragedia la sera del 15 ottobre 1967, dopo l'incontro contro la Sampdoria dominato e vinto dai granata per 4-2, insieme al suo compagno di squadra Fabrizio Poletti attraversa Corso Re Umberto, quando è travolto da un auto, ironia della sorte, guidata un suo giovane tifoso. Più di 20.000 persone parteciparono ai funerali di Meroni e il lutto scosse la città. La Diocesi di Torino si oppose al funerale religioso del "pubblico peccatore Gigi Meroni" perché conviveva con una ragazza, di origine polacca, ancora formalmente sposata con un altro uomo; è un'epoca in cui in Italia non è stato ancora introdotto il divorzio.

Nel silenzio di entrambe le tifoserie la settimana dopo il funerale si disputò il derby, che Meroni non ha mai vinto. Nestor Combin, grande amico di Gigi è voluto scendere in campo anche con la febbre a 39, lottando come una furia mette a segno tre gol; il Torino vince per quattro reti a zero (cosa che non è più successa). Il quarto gol è segnato da Carelli, la maglia numero 7.