Razzismo, sostantivo maschile che indica ogni tendenza, psicologica o politica, suscettibile di assurgere a teoria o di esser legittimata dalla legge, che, fondandosi sulla presunta superiorità di una razza sulle altre o su di un'altra, favorisca o determini discriminazioni sociali o addirittura genocidio. Ecco, qui non si tratta di genocidio, ma di vera e propria bassezza culturale. Definire "imbecilli" persone che nel 2017 accusano un calciatore per il colore della pelle, sarebbe un complimento degno di nota.

Ancora una volta, lo sfogatoio di beceri istinti animaleschi è un campo da calcio, precisamente uno stadio in cui gioca una compagine di serie A.

Parliamo dello Stadio Sant'Elia di Cagliari, dove domenica 30 aprile si è disputata la gara tra i padroni di casa e il Pescara. Fatti da dimenticare, fatti nemmeno più degni di menzione in questo secolo. Ma purtroppo è più difficile distruggere un pregiudizio che separare un atomo.

Gli ululati razzisti di Cagliari-Pescara

Due compagini ormai vicine ai propri obiettivi, due squadre che scendono in campo per una festa. E la festa in realtà c'è, con tanti bambini e tante famiglie che applaudono ad ogni giocata dei propri beniamini. Sole, caldo e tanto calcio: la cornice perfetta per una serena domenica. Dopo pochi minuti dall'inizio del primo tempo, i calciatori del Pescara Sulley Ali Muntari e Mamadou Coulibaly iniziano a sentire ululati e "Negro di m...a" ad ogni pallone che toccano.

Parole becere di per sé, ma che raggiungono l'apice a fine primo tempo, quando il centrocampista ex Milan si avvicina alla tribuna e vede che il mittente dei cori è un bambino con accanto la sua famiglia. Evitando commenti ulteriori sull'accaduto, Muntari si sfila la maglia e la regala al bambino, dando una lezione di umanità ad uno Stadio intero.

"Dobbiamo essere i primi noi ad insegnare la lezione", queste le parole a fine gara del calciatore del Pescara.

Tutto finito lì? Macché. Si ricomincia e dalla curva di casa ricominciano gli ululati e gli insulti. Passano i minuti, la pazienza di Muntari si sgretola. Verso il 90' il giocatore ghanese si avvicina all'arbitro e chiede l'intervento del direttore di gara, il quale è obbligato da regolamento ad interrompere il gioco, far leggere il comunicato ed eventualmente sospendere il match.

Il signor Daniele Minelli non alza un dito, ma alza tutta la mano. Cartellino giallo per proteste. Muntari è fuori di sé, vuole farsi espellere, ma nessuno interviene. Il calciatore del Pescara esce dal campo, commettendo un'infrazione di regolamento. Finisce il match, ma al termine della partita Muntari racconterà tutto ai microfoni della stampa.

La beffa e le cervellotiche regole della Lega calcio

Oltre il danno la beffa. Il comunicato numero 197 del 2 maggio diramato dalla Lega Calcio è difficilmente commentabile. La società Cagliari non ha ricevuto nessuna ammenda, in quanto i cori sarebbero partiti dal meno dell'1% degli occupanti del settore. E nel derby Roma-Lazio è avvenuto un episodio analogo: la curva Nord, per gli ululati razzisti nei confronti del calciatore giallorosso Rudiger, è stata squalificata per un turno.

Stesso discorso per l'Inter, dove il secondo anello verde rimarrà chiuso per i cori nei confronti di Koulibaly. Invece, il settore giallorosso, il quale ha preso di mira Keita Baldé, non ha ricevuto nessun tipo di ammenda.

Il tutto perché in alcuni casi i cori sono stati fatti da un gruppo di persone che non supera l'80% degli occupanti del settore. La Lega in questo modo ha evidenziato (oltre ad una falla nel regolamento evidente), che se in una curva di 10.000 persone, la metà urla un coro razzista, non ci sono i presupposti per punire una società o quel gruppo di tifosi. Di una domenica da cancellare dal punto di vista umano, rimane soltanto un segnale: combattere il razzismo non interessa, perché indipendentemente dalla percentuale o meno, bisognava usare una misura e un peso.

Altrimenti una maglia regalata e un gesto forte come quello di Sulley Ali Muntari non serviranno praticamente a nulla. Ancora una volta la bassezza morale batte l'intelligenza. Due a zero. Le reti? Della minima percentuale di tifosi e di quell'organo che dovrebbe limitare a prescindere simili atteggiamenti. Questa volta però la Lega Serie A ha commesso un clamoroso autogoal.