Noi c'eravamo...
Quella sera del 3 giugno 2017, finale di Champions League, eravamo là, in quella piazza. Io e mio figlio Pietro, 20 anni, da sempre tifosi della Vecchia Signora. Cardiff era improponibile, allora Piazza San Carlo ci è sembrata una plausibile alternativa. Sarà come essere allo Stadium, dice mio figlio, soffiando sul fuoco della mia facilmente incendiabile Juventinità. E così siamo andati. Siamo arrivati alle tredici, più o meno. Arrivati e mai controllati, da nessuno, malgrado avessimo uno zaino a testa. Così come gli altri tifosi che via via arrivavano, stipando la piazza.
Lo schermo, che definire maxi è ridicolo, cacciato in fondo in fondo alla lunghissima piazza, senza vie di fuga.
Da quel momento in poi...
...una serie di assurdità, che mi rendo conto di aver registrato ma non messo a fuoco. Birra in bottiglie di vetro venduta per ore da ambulanti abusivi; fumogeni in quantità illimitate accesi tra la folla; nessuno che intervenisse a limitare questi abusi alla sicurezza; nessuna limitazione al numero dei presenti. Chi conosce di cosa sono capaci gli ultras di qualsiasi squadra si sarebbe, come minimo, allarmato. Su 30.000 persone in qualche modo censite quella sera, almeno la metà erano ultras fuori di testa dopo ore di birra libera, marijuana e fumogeni. Il tutto prima che cominciasse la partita.
Perché tutto questo era stato concesso. Perché nessuno ha mosso un dito.
Poi, cos'è successo?
Cosa ha dato il “la” alla follia? Difficile dirlo. Il punto è che non è nemmeno importante. Nel senso che, se non fosse successo per una bomba carta, un petardo o altro, sarebbe successo per qualche altra ragione. Perché non si può non organizzare un evento come quello, di tale impatto e dimensione numerica.
In tempi di psicosi come quelli che stiamo tutti vivendo. Non si può, ma è stato così. Io ricordo solo un’onda inarrestabile che mi ha scagliata per terra e travolta, calpestata; ricordo che non riuscivo ad alzarmi e pensavo che sarei morta là sotto; mio figlio a sua volta è stato sbalzato oltre una transenna, preda della folla in delirio.
Ci siamo ritrovati mezz’ora dopo, pesti e acciaccati, ma salvi. In lacrime, ma felici di essere vivi. Sconvolti per quello che ci contornava: lacrime, sangue, paura. Le migliaia di bottiglie di birra in vetro si erano trasformate in un pavimento di cocci che ha lacerato braccia, gambe, volti. La potenza della folla che impazzisce ha calpestato e schiacciato chiunque trovasse nel suo cammino.
Era una partita di Calcio, in fondo. Il peggio che ci si poteva prospettare, per noi tifosi della Juve, era perdere la partita. Non la vita.