Il problema dei vivai e delle giovanili è ormai cosa nota, così come lo sono le evidenti carenze tecniche dei calciatori che compongono la Nazionale Italiana. Ma, per analizzare la partita di ieri, partiamo da un assunto su cui probabilmente sono tutti d'accordo: l'Italia è tecnicamente superiore alla Svezia. Quindi, i limiti evidenziati in questi 180 minuti sono perlopiù tattici e accentuano maggiormente quelli puramente tecnici. Se i nostri Azzurri non hanno brillato singolarmente, è perché il sistema non li ha aiutati.

Cosa non è andato

Tatticamente l'Italia è stata "rivedibile".

Il problema maggiore deriva dalle fasce: spesso Candreva e Darmian si sono trovati in ottime situazioni di uno contro uno, facendo, però, scelte perlopiù sbagliate. Il primo partiva spesso a testa bassa senza curarsi di eventuali movimenti dei compagni, intestardendosi su giocate oggettivamente complicate. A sua discolpa, possiamo dire di essere stato costantemente lasciato solo da Parolo o Gabbiadini, mai pronti a raccogliere un suo eventuale scarico all'indietro. Darmian, invece, continuava ad andare sul fondo non avendo la capacità di saper mettere con costanza dei buoni cross col piede debole, arrivando spesso al traversone senza quasi mai essere in grado di impensierire la difesa avversaria.

Squadra troppo lunga

Linee distanti tra loro, troppo. L'Italia del ct Ventura ha anche evidenziato questo fattore, con i difensori costretti spesso a dialogare tra loro o cercare la verticalizzazione per superare la prima linea di pressing svedese. Da questo ne deriva che le occasioni create dall'Italia sono state spesso confusionarie, arrivando da cross effettuati subito dopo la metà campo, o su verticalizzazioni di Jorginho.

Stupisce, quindi, l'incapacità di arrivare in area avversaria con azioni manovrate, bensí con movimenti spesso improvvisati e "disperati". E, se le occasioni sono più casuali che ragionate, la conclusione finale sarà sempre più complicata rispetto ad una effettuata dopo una azione che mette nella condizione di tirare dopo un dialogo con un compagno.

Chiellini e Bonucci i più pericolosi

Se dicessimo che chiellini e Bonucci sono stati i più pericolosi non andremmo lontano dalla verità. E, di certo, non è un merito a loro, quanto un grosso demerito della squadra. Come detto prima, il fatto di avere i reparti distanti tra loro ha portato spesso Bonucci a verticalizzare per Gabbiadini o Immobile, riuscendo spesso a superare il primo pressing avversario. Quando invece il centrale del Milan non riusciva a trovare linee di passaggio, era bravissimo Chiellini a proporsi tra Darmian e Florenzi, riuscendo spesso ad arrivare al cross dalla trequarti indisturbato con molta frequenza. Quindi, proprio dai due centrali spesso partivano le azioni più pericolose. Questo è, evidentemente, un dato tattico su cui riflettere e lavorare nella prossima gestione.