La Roma abita nei piani alti del calcio europeo, in compagnia di mostri sacri come Liverpool, Bayern Monaco e Real Madrid. L'unica rappresentante superstite dei colori italiani in Champions League era anche la meno accreditata, almeno nei pronostici iniziali.

Già, nessuno avrebbe scommesso un cent sui successi dei giallorossi formato Champions, anche alla luce di un calcio mercato estivo un po' sotto tono, privo di nomi eclatanti e segnato da cessioni illustri.

La scommessa più grande era comunque quella di affidare responsabilità e oneri di una squadra blasonata e a secco di vittorie da lungo tempo ad un giovane allenatore, quell'Eusebio Di Francesco che finora aveva avuto esperienza da allenatore in serie A solo col Sassuolo, compagine rappresentativa di un paese che non fa neanche provincia.

A dire il vero, quel Sassuolo, il Sassuolo di di francesco, esprimeva un gioco molto interessante sia dal punto di vista tattico sia nel dinamismo e nella velocità, qualità che hanno stupito anche a livello internazionale (e forse questo, a ben vedere, poteva essere un buon indizio in tempi non ancora sospetti).

Roma fra le più forti in Europa: i possibili motivi dell'exploit

Ora ci si chiede: come è stato possibile un simile exploit in Champions League dopo anni di delusioni dentro e fuori i confini nazionali?

Merito dell'inedito modulo 3-4-2-1 messo a punto proprio in occasione della remuntada Roma-Barcellona 3-0? O bisogna ringraziare l'orgoglioso no di Edin Dzeko al Chelsea nel calciomercato bis della Roma di gennaio?

C'è voluto un contributo decisivo della fortuna o, meglio, è tutto frutto del caso? Ha piuttosto dato una mano la cabala, visto che Di Francesco nel 2016 estromise dall'Europa League proprio il CT blaugrana Valverde (allora alla guida dell'Atletico Bilbao) e sempre col roboante risultato di 3-0?

Non si sa, forse nulla di tutto ciò, forse un po' di questo e di quello, l'importante è che la più innovativa delle varie versioni di Roma del presidente Pallotta, la sesta se vogliamo contarle, si sia rivelata una formula vincente.

Un'altra ipotesi può essere valida: la capacità dell'allenatore Di Francesco di trasmettere ai suoi calma e distacco dalle tensioni dell'ambiente capitolino... E non si può dire che finora ce ne siano state poche! Brontolii, malumori (per usare un eufemismo) e vagheggiamenti di nomi altisonanti di futuri sostituti come Ancelotti, giusto per dirne uno, non hanno minimamente scalfito l'autostima del pur giovane mister romanista.

Diamo merito almeno a questa supposizione e vediamo cosa diranno i futuri incontri.

Meglio la Roma di Eusebio Di Francesco in Champions League o la Magica di Nils Liedholm nella Coppa dei Campioni del 1984?

Intanto, grazie all'euroimpresa della Roma, un altro nome molto illustre si sta prepotentemente affiancando a Di Francesco, quello di Nils Liedholm, indimenticato fautore della Magica Roma dal calcio totale degli anni '80. Il grande allenatore che ha preso per mano una precaria Rometta di metà classifica (e anche peggio) e l'ha portata sul quasi tetto d'Europa, a due passi dall'apoteosi, negata solo dal tremendo Liverpool che vinceva tutto e ovunque. Uno scudetto nel 1983, dopo diversi decenni di digiuno, ripetute Coppe Italia e infinite sfide indovinate con quale squadra se non con la solita Juventus?

La grande arte diplomatica del Barone, mai soprannome fu più azzeccato, faceva coesistere il genio di tale Bruno Conti con la raffinatezza di Paulo Roberto Falcao, la flemma di Agostino Di Bartolomei con la rapacità di Roberto Pruzzo. Un amalgama collettivo che si traduceva in un gioco di squadra fluido e avvolgente, quasi privo di punti deboli.

Questa proprietà, ancor più del traguardo raggiunto in Coppa dei Campioni e delle grandi rimonte dell'Olimpico (Roma-Dundee United su tutte) può accomunare lo stratega svedese Liedholm al tattico italico Di Francesco, oltre al già citato potere di non farsi condizionare dalle turbolenze dell'ambiente esterno.

La Roma di oggi, quella capace di non prendere reti nelle prime cinque partite casalinghe della Champions League, non sembra mostrare vulnerabilità, almeno ciò emerge quando tutti i reparti girano a dovere e in sincronia.

Un punto in più a favore del tecnico Di Francesco è dato dal percorso svolto dalla sua squadra, che ha dovuto affrontare club del calibro di Chelsea, Atletico Madrid e Barcellona, obiettivamente qualcosa in più di Goteborg, CSKA Sofia e Dinamo Berlino... Certo poi nel 1984 ci fu lo scoglio finale del Liverpool, guarda caso presente anche in questa Champions League... ma nel calcio non esistono corsi e ricorsi storici.

Come cantarono in coro i 70mila spettatori della finale stregata di 34 anni fa: Que sera sera...