La satira messa in atto dalla Gialappa's a 'Mai dire gol' lo trasformerà nel 'ramarro'. Se citi Darko Pancev ad un maturo tifoso dell'Inter accosterà il suo nome al termine di 'bidone', ma sarebbe estremamente ingiusto farlo finire nella lunga lista dei 'fenomeni parastatali' che hanno contrassegnato la Serie A dalla riapertura delle frontiere nella stagione 1980/81 ad oggi. La carriera del bomber macedone non è paragonabile a quella di Caraballo, Luis Silvio o Luther Blissett ed il suo flop in nerazzurro, dove arrivò nell'estate del 1992, per certi versi è inspiegabile così come lo sarà soltanto una stagione dopo quello di Dennis Bergkamp.

Pancev sbarcava in Italia dopo aver vinto tutto con la Stella Rossa ed aver sfiorato il Pallone d'Oro. Oggi vive in Macedonia, a Skopje, dove è stato raggiunto dai cronisti del portale bulgaro Sportal.bg.

'Noi calciatori non volevamo frantumare la Jugoslavia'

Darko Pancev ha appeso le scarpette al chiodo nel 1997, dopo la disastrosa esperienza all'Inter la sua carriera prese una rapida parabola discedente: poche presenze ed ancora meno gol con il Fortuna Dusseldorf in Germania ed il Sion in Svizzera. Vive nella sua Skopje e, come tanti ex calciatori, vive soprattutto di ricordi. Il suo nome è legato a doppio filo con la fenomenale Stella Rossa che vinse la Coppa dei Campioni a Bari nel 1991, in un momento estremamente difficile per la storia della Jugoslavia: dilaniato dalle guerre, il Paese balcanico si sarebbe disgregato da lì a poco.

"Ricordo la partita con la Dinamo Zagabria - dice al cronista che gli chiede proprio di quella gara del 1990, tristememte famosa per i tafferugli che coinvolsero anche i giocatori - fu un segnale che nel nostro Paese stava succedendo qualcosa di brutto. Ma la maggior parte di noi calciatori o atleti in generale non ha mai voluto frantumare la Jugoslavia e, se ci pensiamo oggi, non possiamo che rimpiangere un Paese che è stato fenomenale.

Tutto quello che è accaduto è colpa di politici sostenuti da influenze straniere".

Il 'Cobra' polemico con i vertici del calcio europeo

La grave situazione interna del Paese manifestò i suoi effetti anche nel calcio, la nazionale jugoslava giunta in pompa magna ai Campionati Europei di Svezia del 1992 fu esclusa dall'Uefa per ragioni extracalcistiche, al suo posto venne ripescata la Danimarca che avrebbe clamorosamente vinto il titolo continentale.

"Avevamo una squadra molto forte e, secondo me, buone possibilità di vincere quel campionato europeo. L'Uefa ci colpì impedendoci di giocare, poi il Paese si è disgregato: penso che avevamo grandi possibilità di vincere un Europeo o un Mondiale". Le sanzioni dell'Uefa, a suo giudizio, avevano colpito ingiustamente anche la sua Stella Rossa che nella stagione 1991/92 era chiamata a difendere il titolo europeo appena conquistato. Nella seconda fase a gironi che avrebbe designato la finalista, la Stella Rossa venne eliminata da una grande Sampdoria che si qualificò meritatamente per la finale poi persa con il Barcellona. Pancev, però, la vede in un altro modo. "Era un torneo competitivo e difficile, lo era ancora di più per noi che siamo stati costretti a giocare sempre lontano da Belgrado.

Semplicemente l'Uefa non ha permesso che la Stella Rossa giocasse la finale per il secondo anno consecutivo, per loro sarebbe stato un duro colpo: avremmo dimostrato che eravamo i più forti, nonostante le loro sanzioni ed ingiustizie legali". L'ex centravanti è polemico anche nella scelta del Pallone d'Oro del 1991 in cui arrivò secondo, a pari merito con Lothar Matthaeus ed il compagno di squadra Dejan Savicevic dietro Papin: "A decidere fu la grande influenza dei media francesi e dell'Adidas, venne commessa un'ingiustizia nei miei confronti e quelli di Dejan. Il Pallone d'Oro doveva andare ad uno di noi e non a Papin che aveva perso la finale di Coppa dei Campioni contro la Stella Rossa. Mi pare che nella boxe la medaglia d'oro non possa andare sul petto di chi ha perso la finale, o no?".

'L'Inter è stato il più grande errore della mia vita'

Nell'estate del 1992 la Stella Rossa delle meraviglie perde i pezzi, tutti i più grandi campioni scelgono la via dell'estero e Darko Pancev è uno dei colpi grossi dell'Inter che il presidente Ernesto Pellegrini ha affidato ad Osvaldo Bagnoli. "Fu il più grande errore della mia vita e pensare che potevo andare al Barcellona: me lo aveva chiesto Hristo Stoichkov e sono convinto che avrei fatto tanti gol, ma a volte accade qualcosa che ti fa solo sbagliare. Sull'Inter non ho molto da dire e non ho buoni ricordi di Milano: non era una buona squadra e c'era anche un pessimo spogliatoio. Ho litigato quasi subito con l'allenatore e la dirigenza, in una tale situazione non puoi aspettarti che le cose possano andare bene".

A dire il vero la sua prima estate da interista fu promettente, Pancev aveva convinto tutti segnando a raffica in Coppa Italia, poi in campionato sarebbe diventato una sorta di oggetto misterioso: forse, semplicemente, quella squadra non era adatta a valorizzare le sue caratteristiche di punta statica, quasi estranea alla manovra corale, ma assolutamente puntuale e micidiale in zona gol. Eppure, come ammette lui stesso, in maniera quasi testarda volle restare a Milano in cerca di un riscatto che non è mai arrivato. "A dicembre del 1992, dopo i miei primi mesi deludenti all'Inter, mi cercò Alex Ferguson per portarmi al Manchester United. Non andai e fu il mio secondo errore: volevo dimostrare che potevo far bene all'Inter, in Serie A italiana.

Ma cosa dovevo dimostrare ed a chi? Fu una scelta folle di gioventù".

Gli auguri a Mihajlovic

Una parte dell'intervista è dedicata anche al suo ex compagno di squadra Sinisa Mihajlovic che sta combattendo la sfida più difficile della sua vita contro una grave malattia. "Quanto sta accadendo a Sinisa ci sconvolge, ma tutti noi siamo convinti che possa vincere anche questa partita. Era un grande calciatore, a mio parere uno dei migliori tre esecutori di calci piazzati della storia del calcio ed è una magnifica persona, oggi è bravo anche come allenatore. Sta combattendo la sua battaglia più importante, ma sento che può vincerla".