Primo calciatore italiano a vincere il Pallone d'Oro e, ancora oggi, tra i più forti numeri 10 della storia del calcio mondiale. Gianni Rivera è un'icona del Milan e del pallone 'made in Italy', tra i giocatori più tecnici che abbiano mai vestito la maglia rossonera e quella azzurra della nazionale. L'ex 'golden boy' ha concesso una lunga intervista al media spagnolo 'Libero' in cui è andato praticamente a ruota libera. Si è parlato naturalmente del suo Milan che ormai da anni latita dai vertici della Serie A, ma anche del calcio moderno nel raffronto con quello del passato e della nazionale allenata da Roberto Mancini.
A proposito di nazionale, in quest'anno così travagliato per lo sport e non solo ricorrono i 50 anni dai Mondiali messicani del 1970, quelli della partita del secolo tra Italia e Germania Ovest in cui realizzò il gol decisivo trascinando gli azzurri alla finale poi persa con il Brasile. Ultimo atto in cui avrebbe giocato i sei minuti più assurdi della sua carriera, ma questa almeno per il momento è un'altra storia.
'Rocco e Liedholm, due maestri'
Inevitabile ricordare la sua straordinaria carriera: tre scudetti, quattro Coppe Italia, due Coppe dei Campioni, una Coppa Intercontinentale e due Coppe delle Coppe vinte con il Milan, il titolo europeo conquistato con la nazionale nel 1968. Una lunga epopea iniziata alla tenera età di 15 anni con la maglia dell'Alessandria quando nel 1960 fece il suo esordio in Serie A contro l'Inter.
"Quel giorno mancava un centravanti e mi mandarono in campo. Giocai in quel ruolo, ma poi mi spostai sulla trequarti". L'allenatore a cui è rimasto più legato è Nereo Rocco. "Era molto più di un allenatore: un maestro, esempio di cultura e psicologia, riusciva sempre a tirare fuori il meglio dai giocatori". Ma gli è rimasto nel cuore anche Nils Liedholm con cui vinse il suo ultimo scudetto nella stagione 1978/79.
"Non era 'caldo' come Rocco, ma l'aspetto mentale era anche per lui un'ossessione. Ci fece giocare a zona, a quei tempi la adottava solo la nazionale brasiliana". Dal suo punto di vista le formazioni del Milan più forti di sempre sono quelle di Rocco, Sacchi e Capello: "Hanno vinto tutti, ma la differenza la fanno sempre i grandi calciatori".
'Al Milan di oggi si pensa troppo ai soldi'
Rivera protagonista di un grande Milan, ben differente da quello balbettante di oggi che fatica a trovare spazio tra le grandi del calcio italiano. "Credo che guardare al passato sia del tutto inutile, anche perché oggi mancano i veri leader, giocatore come Baresi o Maldini citando esempi più recenti. Ho approvato il ritorno di Ibrahimovic e con lui le cose sono un po' cambiate, ma la dirigenza pensa troppi ai soldi e poco a costruire una squadra di veri campioni".
Fuoriclasse di ieri e di oggi
I fuoriclasse, in effetti, non frequentano più da tempo la sponda rossonera di Milano. Campioni come Cristiano Ronaldo che in età matura ha scelto la sfida del calcio italiano indossando la maglia della Juventus.
"Cristiano Ronaldo e Messi sono i migliori calciatori dei nostri tempi, possono essere paragonati a Pelé o Maradona per quello che rappresentano entrambi nella nostra epoca. Ma in un confronto diretto, credo che Pelé e Maradona siano stati più forti, il loro livello è stato superiore, anzi unico". Sulla nazionale allenata dal Roberto Mancini, Rivera esprime sano ottimismo. "Ha preso la guida della nazionale in un momento difficile e ha scelto di puntare sui giovani. Certamente questo è il modello da seguire".