Una delle inchieste giudiziarie sportive che ha avuto più clamore mediatico negli ultimi 20 anni è sicuramente la vicenda passaporti falsi, che ha riguardato ben 14 giocatori, 15 dirigenti e sette società di calcio attive nel campionato di Serie A.
Il nome più illustre fra i giocatori coinvolti fu quello di Alvaro Recoba dell'Inter, che in una recente intervista a QS ha sottolineato come di quella vicenda ci si ricordi soprattutto di lui e non del fatto che anche altri 13 calciatori beneficiarono dello stesso documento falsificato. Si tratta di Alberto (Udinese), Gustavo Bartelt (Roma), Alejandro Da Silva (Udinese), Dedé (Vicenza), Dida (Milan), Fabio Junior (Roma), Jeda (Vicenza), Thomas Job (Sampdoria), Jorginho (Udinese), Jean Ondoa (Sampdoria), Juan Sebastian Veron (Lazio), Warley (Udinese), Francis Zé (Sampdoria) e appunto Alvaro Recoba (Inter).
L'ex Inter Recoba ha parlato della vicenda dei passaporti falsi ad inizio anni 2000
'Passaporto falso? Magari qualcuno mi prende in giro con la storia del passaporto perché, anche se eravamo 14 calciatori e 15 dirigenti di 7 società, tutti si ricordano solo di me'. Queste le dichiarazioni di Alvaro Recoba in una recente intervista a Qs. L'uruguaiano, lo ricordiamo, fu acquistato dai nerazzurri nel 1997 dal Nacional de Montevideo ed è diventato uno dei calciatori più importante della storia del club, con 72 gol segnati in 261 partite.
Nel corso dell'intervista, l'ex nerazzurro ha aggiunto: 'La gente ha capito che io ho sempre voluto divertire e divertirmi. L’Inter è un pezzo della mia vita'. Parole importanti quelle di Recoba che evidentemente, seppur a distanza di anni, non spengono le polemiche su uno dei casi giudiziari più fragorosi che abbiano riguardato il calcio italiano negli ultimi vent'anni.
Lo scandalo dei passaporti falsi
La vicenda giudiziaria sui passaporti falsi risale al 2001: coinvolti 14 giocatori, 15 dirigenti e ben sette società, ovvero Milan, Inter, Sampdoria, Udinese, Lazio, Roma e Vicenza. Tutto iniziò nel settembre 2000 quando la Giustizia Sportiva avviò un'inchiesta sulla contraffazione dei passaporti eseguita in vista di una naturalizzazione illecita di alcuni calciatori ad opera delle società calcistiche italiane effettuata con l'intento di tesserare giocatori extracomunitari come in realtà comunitari, aggirando così le norme che imponevano un tetto al numero di calciatori extra UE in rosa.
Al termine delle indagini, Alvaro Recoba fu squalificato per un anno mentre il club Inter, per evitare di incorrere nelle sanzioni previste (sconfitta a tavolino per ciascuna partita in cui il calciatore era stato schierato con rischio dunque annesso di retrocessione), patteggiò la pena pagando una multa pecuniaria.