Il dolore di un aborto annunciato, unito ad uno stato di totale abbandono che l'ha costretta a "partorire" un feto morto nel bagno di un ospedale senza un minimo di assistenza. Questo è il dramma che sta vivendo Valentina Magnanti, 28 anni, portatrice di una rara malattia genetica che le impedisce di portare a termine qualsiasi gravidanza e - paradossalmente - che non le consente neanche di procedere a fecondazione assistita, perché non riconosciuta dalla Legge 40.

Il drammatico episodio è avvenuto nel 2010, ma solo adesso Valentina ha trovato la forza di raccontare l'accaduto e soprattutto di lottare affinché la Legge 40 riconosca anche a chi, come lei, ha malattie genetiche, la possibilità di ricorrere alla fecondazione assistita. Rimasta incinta quattro anni fa, Valentina sapeva che sarebbe stata costretta ad abortire e comincia a muoversi per farlo.

La strada, però, verso l'aborto, è irta di ostacoli. La ragazza, infatti, scopre che la sua ginecologa è obiettore di coscienza, quindi si rifiuta di far ricoverare la paziente. Dopo parecchi tentativi, Valentina riesce a trovare un posto al Sandro Pertini grazie ad una ginecologa che non si oppone all'aborto. Ma, purtroppo, questo è solo l'inizio della triste vicenda. In preda ai dolori e al vomito, dopo 15 ore di sofferenza, la ragazza abortisce e lo fa da sola, affiancata soltanto dal marito, nel bagno dell'ospedale. Quando Valentina è stata male - pare - ci fossero solo medici obiettori di turno che hanno abbandonato la paziente al suo destino, lasciandola abortire da sola, al quinto mese di gravidanza, fra terribili sofferenze. Una sorta di "parto della morte" quello che ha dovuto sopportare la ragazza, che oltre al dolore psico-fisico ha dovuto anche affrontare quello per lo stato d'abbandono in cui si trovava.

Subito dopo il triste evento, Valentina non ha avuto neanche la forza per reagire e denunciare la terribile situazione in cui si è trovata: "Non avevo più la forza di fare nulla - dichiara la 28enne - L'avvocato parla di omissione di soccorso, io so solo che nessuno deve essere trattato così in un Paese civile".

Valentina ora sta portando avanti una battaglia affinché le venga riconosciuta la possibilità di ricorrere alla fecondazione assistita, nonostante la Legge40 glielo vieti perché la sua malattia genetica non le impedisce di restare incinta. La ragazza, dopo tanta sofferenza, probabilmente riuscirà a ritrovare il sorriso, poiché "Il tribunale, per la seconda volta in due mesi, ha sollevato dubbi di costituzionalità su questo punto della legge. Forse anch'io potrò diventare madre".