La bandiera nera dello Stato islamico che troneggia al centro di Piazza San Pietro. Questa l'ultima provocazione dell'Isis, lanciata tramite il proprio magazine online di propaganda "Dibaq". Un fotomontaggio creato a regola d'arte a simboleggiare la volontà dello Stato islamico di colpire il mondo occidentale e, di conseguenza, il cuore della cristianità. Sulla prima pagina, oltre alla fotografia, c'è un titolo a caratteri cubitali: "The Failed Crusade", cioè "La Crociata fallita", in riferimento all'ultimo attacco sferrato dagli Stati Uniti che non è riuscito ad eliminare i terroristi fautori dello Stato islamico. Nell'articolo che accompagna l'inquietante immagine, si approfondisce l'obiettivo della guerra contro Roma e contro i romani: questi termini, nell'ideologia dell'Isis hanno un significato ben più ampio e si riferiscono ai crociati occidentali. All'interno del magazine, lo Stato islamico porta avanti la sua opera di propaganda illustrando le operazioni militari, i successi ottenuti finora e rinnovando l'appello alla guerra contro la coalizione occidentale. C'è anche spazio per riproporre la "chiamata alle armi" diffusa qualche settimana fa, con un video, dal portavoce Al Adnani.

In un'altra sezione si informano i lettori sui prigionieri yazidi ridotti in schiavitù e sul destino di donne e bambini venduti come fossero merci. Nelle ultime pagine, invece, ecco un articolo dedicato agli ostaggi. È stata pubblicata la presunta lettera che Steve Sotloff avrebbe scritto alla madre prima di essere decapitato, ma soprattutto c'è un pezzo firmato dal britannico John Cantlie, prigioniero che negli ultimi tempi sta tenendo una serie di lezioni in video sui jihadisti. L'inglese scrive che non gli è stato imposto alcun copione da leggere e rivela che i terroristi gli avrebbero dato l'opportunità di effettuare delle ricerche e accumulare delle informazioni sugli eventi che si sono ripetuti in Medio Oriente negli ultimi anni. Una volta in possesso di tutto questo materiale, Cantile avrebbe scritto il testo base delle sue lezioni, approvato dai rappresentanti dell'Isis. Solo il titolo sarebbe opera dei terroristi.

Infine, i jihadisti hanno avuto modo, sul proprio giornale, di minacciare di morte i dirigenti di Twitter. Questi ultimi avrebbero la colpa di aver chiuso numerosi profili di membri del movimento o di simpatizzanti dei terroristi dello Stato islamico. Le minacce sono state confermate dall'amministratore delegato del social network, Dick Costolo, il quale ha dichiarato che ultimamente hanno ricevuto molti messaggi minatori. Finora, Twitter era stato il sito maggiormente utilizzato dall'Isis per portare avanti la sua propaganda del terrore con la diffusione di filmati e fotografie di nemici uccisi, o anche di membri dell'organizzazione morti durante attacchi kamikaze ed esaltati come dei "martiri".