Centoquarantadue studenti, tre agenti e tre soldati. Sale di ora in ora il bilancio delle vittime dell'attentato all'Università di Garissa, in Kenya, a 150 chilometri dal confine somalo. Mentre file dei familiari sfilano davanti alle salme dei martiri per riconoscere i propri cari, speranza, disperazione e terrore si intersecano.

500 studenti dispersi

Rimane ancora da chiarire la sorte degli altri studenti che non risultano né tra i 79 feriti né tra i morti. Centinaia di familiari e amici si sono accampati davanti al campus nella speranza di avere notizie.

Monica Wamboi ha contattato polizia ed ospedali, ma ancora non sa che fine abbia fatto sua nipote Bilha. "Spero sia ancora viva". Bilha è solo una dei 500 studenti considerati dispersi.

Protetti dai musulmani

Molti dei sopravvissuti sono riusciti a scappare gettandosi dalle finestre. Altri hanno avuto riparo dentro alla moschea del campus, protetti dai compagni di studio musulmani. Ahmed Youssuf, che pregava assieme ai suoi compagni musulmani dentro alla moschea, racconta di aver nascosto dalla furia jihadista alcuni compagni cristiani. "In molti sono riusciti poi a raggiungere i cancelli del campus e a trovare la fuga".

La mattanza dei cristiani

Altri però non hanno avuto la stessa fortuna.

Chi è stato preso dai terroristi di Al Shabab e non ha saputo recitare i versi del Corano è stato fucilato. Stessa sorte per gli altri studenti ritenuti cristiani solo per gli abiti che indossavano. "Chi è stato sorpreso sotto al letto o nascosto dentro all'armadio è stato freddato sul colpo" a prescindere dalla fede racconta Nina Kozel, sopravvissuta all'attentato.

Chi si è consegnato ha avuto sorte differente: se musulmano è stato graziato, se cristiano è stato ucciso. Molti sono morti dopo aver chiamato la propria famiglia: "Muoio perché Uhuru Kenyatta non fa rientrare le truppe dalla Somalia". Poi il colpo mortale alla nuca. Helen Titus è stata più fortunata di tutti. E' riuscita a sfuggire alla furia omicida dei fondamentalisti somali fingendosi morta, cospargendosi col sangue altrui il viso.

E' stata ritrovata dopo due giorni.

Nuove minacce di Al Shabab

La strage al campus di Garissa rischia di non essere l'ultima. Al Shabab ha minacciato che "il popolo kenyota non avrà pace" finchè il governo non finirà "le politiche repressive" in Somalia. Se il popolo kenyota non protesterà "pagherà con il sangue". Infine la minaccia "Sarà una guerra lunga e orribile" la minaccia del gruppo affiliato ad Al-Qaeda nel tentativo di incudere paura al popolo del Kenya.

Cinque arresti

Tutto questo mentre il ministro degli Interni del Kenya Joseph Nkaissery ha catturato 5 persone perchè sospettate di aver fiancheggiato dei carnefici del massacro di Garissa.