Dopo sette mesi dall'omicidio della giovane coppia di Pordenone, la verità sembra essere vicina. Dopo il ritrovamento dell'arma del delittonel laghetto non lontano dalla palestra, luogo del terribile omicidio, è al vaglio degli inquirenti il messaggio che la fidanzata di Giosuè Ruotoloha inviato alragazzo di Somma Vesuviana,tramite WhatsApp, il 17 marzo 2015 alle ore 20, circa dieci minuti prima il momenti in cui Trifone Ragone, 28 anni,e la fidanzata Teresa Costanza, 30 anni, venivano uccisi a colpi di pistola davanti la palestra di Pordenone "Crisafulli" .

Il testo del messaggio incriminato

"Amore hai fatto qualcosa che non mi hai detto?" è questo il testo del messaggioincriminato. Il commilitone di Trifone Ragone è accusato di porto abusivo d'armi e duplice omicidio volontario premeditato.Il ventiseienne non ha risposto subito al messaggio della fidanzata, ma dopo ben 30 minuti :"No, lo sai che ti dico sempre tutto", questa è stata la risposta tardiva del ragazzo. Ciò che ha colpito gli inquirenti è il mancato uso del cellulare da parte del Ruotolo per quasi due ore, fatto strano per chi come lui, a detta delle testimonianze, rispondeva subito a telefonate e messaggi. Anche i coinquilini che con Ruotolo dividevano l'appartamento a Pordenone, una volta avvertito il ragazzo di Somma Vesuviana di ciò che era appena successo davanti la palestra di Pordenone, non hanno ricevuto risposta.

Le contraddizioni di Giosuè

Sono tante le contraddizioni che sono emerse dopo l'interrogatorio durato 8 ore. Inizialmente, il ragazzo campano dichiarò di trovarsi a casa, dichiarazione smentita subito dai coinquilini che hanno ricordato la non presenza del ragazzo negli istanti in cui il delitto era stato commesso. Ruotolo negò inoltre di conoscere bene Teresa, dichiarazione subito smentita dai proprietari di un locale di Pordenone, che hannoaffermato di avere visto più volte, nelle settimane precedenti, il ventiseienneinsieme alle due vittime.La terza contraddizione, forse la più importante, è quella in cui Ruotolo dice di non aver mai frequentato la palestra di Pordenone, dichiarazione prontamente smentita: "Si è allenato qui fino a marzo (periodo dell'omicidio dei giovani), poi non si è più fatto vedere".

Queste le parole dei proprietari del centro sportivo "Crisafulli".

I carabinieri, negli ultimi giorni, hanno predisposto il sequestro di un computer fisso e di un portatile, oltre ai capi di abbigliamento del giovane. La soluzione del caso appare vicina.