Sono 305 gli anni di carcere inflitti agli esponenti della cosca cutrese “Grande Aracri”. Il processoAemiliasi è tenuto a Bologna e dopo sette anni di Camera di Consiglio il giudice dell’udienza preliminare Francesca Zavaglia ha letto l’ordine della sentenza conclusasi con cinquantotto condanne, una prescrizione e dodici assoluzioni.

Condannati anche due funzionari di polizia

Prosciolto dal reato di corruzione elettorale l’ex assessore comunale di Parma del PdL, Giovanni Paolo Bernini, ed il consigliere comunale di Fi di Reggio Emilia, Giuseppe Pagliani.

Quindici anni di carcere sono stati inflitti a Nicolino Sarcone, considerato elemento di spicco della Ndrina Grande Aracri di Cutro in Calabria, che gestiva gli affari del boss in Emilia. Sei anni e otto mesi sono stati inflitti a Nicolino Grande Aracri per altri tipi di reato, esclusa l’associazione mafiosa. Ad essere condannati due esponenti delle forze di polizia: Antonio Cianflone e Domenico Mesiano, ai quali è stata inflitta una pena di otto anni e sei mesi di reclusione. Condannato a nove anni e quattro mesi anche il giornalista reggiano Marco Gibertini, segno che il sodalizio tra i vari esponenti condannati era ben organizzato.

La cosca Grande Aracri di Cutro si era insediata in Aemilia sin dal 2004 e la sua base principale era Reggio Emilia, dove vive la più grande comunità di onesti e laboriosi lavoratori cutresi, grazie al quale era stato sottoscritto un protocollo d’intesa e l’attuazione di un gemellaggio tra i passati sindaci di Reggio Emilia, Antonella Spaggiari e di Cutro, Salvatore Migale.

I cutresi emigrati a Reggio Emilia in cerca di lavoro hanno contribuito allo sviluppo economico sociale del territorio integrandosi bene nella comunità reggina. Ma qual è il filo che si è spezzato e cosa ha dato inizio all’esportazione di un modello ndranghetista che ha permeato comunità sane per via di intrallazzi e malaffare?

Dai fatti esposti emerge quanto la ndrina cutrese operasse tramite un comitato d’affari che aveva al suo servizio imprenditori, qualche esponente delle forze dell’ordine e persino giornalisti che non esitavano a prestare i propri servigi in cambio di soldi. Ciò che lascia perplessi è come ancora una volta i politici escanodalla sentenza per "il rotto della cuffia", poiché ad amministrare le comunità sono loro e gli appalti vengono concessi tramite bandi di gare amministrativi.

In pratica ciò che era decollato era lo scambio affaristico di appalti in cambio di voti, dal momento che i voti come i soldi non puzzano e quindi per alcuni diventa lecito servirsi di qualsiasi marchingegno per essere eletti.

Le mafie si ingrassano quando ad essere marcia è una classe politica che sta provocando guasti tali da mettere in pericolo i capisaldi della democrazia. Una classe dirigente supportata da affiliazioni massoniche non è tanto diversa dall’affiliazione mafiosa. Si agisce in merito a determinati interessi e quando ad essere in ballo ci sono soldi si fa di tutto per spartirsi utili ed interessi. Il pesce puzza dalla testa e fino a quando non si capirà questo, le mafie saranno come gli anticorpi del male che aggrediscono le cellule sane della società civile.