Possibii faide interne all'organizzazione, tali da rivelare una guerra tra "clan" come quelle che hanno caratterizzato mafia e camorra in Italia. Accuse di "appropriazione indebita", furti e scandali: visto sotto questo aspetto lo Stato Islamico ha quasi un volto umano. Non c'è dubbio che i "soldati dell'Isis", coloro che si sono immolati causando centinaia di vittime in Medio Oriente, i "lupi solitari" o le cellule più o meno organizzate che hanno colpito in Europa, rappresentino la spina dorsale del Califfato e permettono di alimentarne la forte propaganda.
Ma coloro che reggono il gioco non sono immuni a "peccati" tipicamente occidentali. L'Isis oggi è uno Stato autoproclamato vicino ad una sconfitta militare su tre fronti, Siria, Iraq e Libia, che ne potrebbe decretare la fine. Il tracollo potrebbe essere questione di mesi ma intanto stanno venendo fuori tutti gli scheletri da un armadio ben fornito.
Il mistero al-Adnani
Chi ha ucciso Abu Mohammad al-Adnani resta una domanda senza risposta. La fine di colui che possiamo considerare il "ministro della propaganda" dello Stato Islamico e, con ogni probabilità, anche il numero due dell'organizzazione dopo il sedicente califfo Abu Bakr al-Baghdadi, è avvolta nel mistero. Prima gli Stati Uniti e poi la Russia si sono attribuiti il merito dell'attacco che ha portato alla sua morte ma anche la pista interna, che rivelerebbel'esistenza di una faida per la successione di al-Baghdadi, non è del tutto da trascurare.
In quest'ultimo caso i sospetti portano il nome di Abu Luqman, autentica "scheggia impazzita" capace di costruire una propria rete di combattenti tra Siria ed Iraq, tanto da essere temuto dallo stesso al-Baghdadi. Secondo la tesi prospettata da Charles Lister, esperto della questione siriana, al-Adnani potrebbe essere stato inviato dal Califfo nella zona di Aleppo, allo scopo di riportare all'ordine il "ribelle" Luqman ma sarebbe rimasto ucciso da un attentato organizzato da quest'ultimo.
Dalla Siria arrivano gli 'Isis-leaks'
Gli scandali finanziari che riguardano alcuni burocrati dello Stato Islamico sono stati invece resi noti da Michael Weiss, giornalista statunitense autore di "Isis, inside the Army of Terror". Weiss sarebbe venuto in possesso di documenti trafugati dalle milizie ribelli siriane nel corso di un raid contro una roccaforte del Califfato.
Uno di questi "leaks" rivela, ad esempio, il doppio gioco di un comandante Isis, tale Abu Hudhaifa al-Ghoutani, che avrebbe dovuto compiere un'operazione contro le milizie siriane ed avrebbe invece tentato di uccidere i propri compagni, scappando alla fine con armi, munizioni ed una videocamera dal valore di 6.500 dollari. Ulteriori documenti rivelano lamentele da parte di alcuni combattenti per il mancato pagamento degli stipendi o la consegna non avvenuta di nuove armi. E non mancano addirittura le richieste di ferie, negate dai vertici, o le lamentele del settore giustizia perché le carceri dello Stato Islamico starebbero traboccando di prigionieri. Tutto ciò fa apparire l'Isis molto simile a quella "civiltà di miscredenti" considerata un nemico da abbattere.