Papa Francesco ha capito tutto, così come avevano capito tutto alcuni suoi illustri predecessori. Giovanni XXIII fu il primo Pontefice "rivoluzionario", nonostante un Papato relativamente breve. Il nemico dell'Occidente in quel periodo era il blocco comunista, Papa Roncalli aveva capito che la vera arma per far breccia oltre cortina era il dialogo. Un ponte tracciato ed idealmente seguito negli anni '80 e '90 da un altro grande Capo della Cristianità, Giovanni Paolo II. Jorge Mario Bergoglio, primo Papa della Storia che arriva da un continente extraeuropeo, ha compreso che il dialogo con l'Islam è l'unica via per rafforzare l'Occidente nella guerra in atto contro l'islamismo radicale.

Ha intuito subito che il primo nemico del jihadismo è l'Islam, quello vero, e che solo rafforzando il dialogo interreligioso si possono combattere gli estremismi. Lo Stato Islamico ha compreso, a sua volta, quanto può essere minacciosa la strategia del Pontefice e non ha perso occasione per attaccarlo pubblicamente. Non era mai accaduto che un'organizzazione jihadista prendesse di mira un Papa.

L'articolo su 'Dabiq'

'Dabiq' è il magazine ufficiale dell'Isis ed il motto di copertina dell'ultimo numero ha un titolo che si commenta da solo, "Break the cross", rompi la croce. Il servizio che richiama al titolo di copertina è al centro della rivista, "Nelle parole del nemico" è a sua volta il titolo che capeggia sotto una foto di Papa Francesco.

Bergoglio viene definito "un miscredente, nemico pubblico numero uno della comunità musulmana". Tra le critiche più feroci, quella di una presunta difesa dell'omosessualità considerata "immorale" dagli islamisti. L'autore dell'articolo non è tenero nemmeno con Ahmed al Tayeb, imam dell'Università islamica del Cairo che in più di una circostanza ha incontrato il Papa, definito un "apostata".

In un altro articolo i corrispondenti dello Stato Islamico spiegano le motivazioni della guerra all'Occidente. "Gli occidentali sono miscredenti e le loro società liberali permettono le cose che Allah ha proibito", si legge nel pezzo che contiene anche pesanti accuse a quella parte dell'Islam "che vuole imitare i cristiani".

Islamofobia, la migliore alleata del terrorismo

Si potrebbero definire "esponenti di una destra radicale" ma in realtà non ci sono veri contenuti politici nelle loro idee, espresse di getto su un social network. Citiamo Umberto Eco, quando definì i social "uno strumento che ha dato diritto di parola a legioni di imbecilli". Costoro non hanno una vera appartenenza ideologica e rappresentano piuttosto l'evoluzione delle celebri 'tre scimmie', quelle del "non vedo, non sento, non parlo" in un moderno "non leggo, ignoro, scrivo". Tra questi improvvisati opinonisti anche qualcuno che ha criticato aspramente Papa Francesco. "Invece di mettersi alla guida dell'Occidente cristiano nella sua battaglia di civiltà, si fa promotore del dialogo interreligioso" è, in buona sostanza, la loro presa di posizione da crociati contemporanei: in questo non sono diversi dall'Isis, sono semplicemente meno organizzati e meno dotati di intelletto del sedicente Califfato.

L'islamofobia priva di alcun fondamento rafforza la corrente di pensiero del jihadismo, secondo la quale cristiani e musulmani non hanno nulla in comune. Se Papa Bergoglio avesse sposato la tesi della "guerra santa" avrebbe, nel contempo, rafforzato la frattura tra i due mondi. Il Pontefice, al contrario, sa bene che la "jihad" riguarda principalmente il mondo islamico ed è opportuno, per questo motivo, rafforzare il dialogo con quei musulmani che combattono in prima linea contro l'Isis e contro tutte le altre organizzazioni estremiste. Pertanto, l'Islam radicale dimostra lungimiranza e teme l'attuale politica del Vaticano. Forse, un giorno, arriveranno a questa conclusione anche i "radicalisti" di Facebook e Twitter ma abbiamo poche speranze in proposito.