Torna a farsi sentire il vento gelido della bufera tibetana e questa volta soffia impetuosamente su Milano, portando con sè le speranze di pace e libertà di un popolo che ha perso il suo Stato, ma non la propria identità.

Milano affronta con determinazione il tumulto delle voci che si levano impetuose dalla comunità cino-milanese, e attribuisce la cittadinanza onoraria a Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama, premio Nobel per la pace, da anni in esilio.

Il riconoscimento

Nella giornata di oggi, 20 ottobre, l'uomo che, con le sue parole sostenitrici di un'armonia religiosa universale e i suoi messaggi di amore, ha saputo affrontare mille battaglie, è stato ricevuto all'aeroporto di Linate dal sindaco della città lombarda, Giuseppe Sala.

Successivamente, dopo un saluto carico di emozione, è stato accolto in Curia dall'arcivescovo, Angelo Scola, con il quale, terminati i convenevoli di rito, ha avuto un colloquio riservato.

Sempre nella mattinata di oggi, Sua Santità, il Dalai Lama, ha incontrato, all'interno del teatro Arcimboldi, una folla di studenti dell'università Bicocca di Milano. Qui, nell'entusiasmo generale e tra gli sventolii di bandiere tibetane, ha ricevuto il riconoscimento ufficiale di 'cittadino onorario' del capoluogo lombardo.

Sono stati momenti intensi, carichi di emozione, scanditi dalla volontà comune di un mondo governato da una pace universale.

Il riconoscimento, tributato a Tenzin Gyatso, che non è solo il leader spirituale e religioso dei buddhisti tibetani, ma negli anni è divenuto quasi il simbolo vivente della non-violenza, s'inserisce in un contesto caratterizzato da vivaci polemiche e turbolente reazioni (numerose sono state infatti le manifestazioni della comunità cinese e si è reso necessario anche l'intervento delle forze dell'ordine).

Decisa anche la reazione dell'ambasciata cinese a Roma, che ha usato toni asprinei confronti dell'italia, ipotizzando ripercussioni nell'ambito dei rapporti bilaterali e sulle cooperazioni tra i due paesi.

Ma la permanenza del Dalai Lama, comunque, si protrarrà per altri due giorni, nel corso dei quali vi saranno altre tappe e incontri significativi.

Il Tibet

Quando nel lontano 1951, con un'azione dura e determinata la Cina intervenne nel confinante territorio tibetano, 'ricongiungendolo' al proprio stato, i monaci buddhisti non riconobbero mai l'imposizione di guide da parte di Pechino.

Ma il governo cinese, invece, ha sempre evidenziato la piena autonomia culturale e religiosa, nonchè amministrativa di questo piccolo stato, in realtà perso nell'oasi di pace della sua identità.

E, come conseguenza, il Dalai Lama scelse l'esilio, non riconoscendo l'accordo imposto da Pechino.

Ed è dal 1959 che Sua Santità fa sentire la sua voce in tutto il mondo ed è divenuto il simbolo vivente di una cultura non tanto religiosa, quanto illuminante sull'essenza del vivere. E' la voce della pace che parla a un mondo anelante ad essa.