Bari, 11 novembre 2016 – Un uomo di 29 anni ha soffocato la figlia di 3 mesi mentre era ricoverata in ospedale. L’assassino, secondo una ricostruzione dettagliata, soffriva di una patologia psicologica, che lo portava a voler costantemente attirare l’attenzione su di sé. Qualche giorno fa, dopo l'arresto dell’uomo, è stato ascoltato in veste di testimone oculare un bambino che avrebbe assistito ad un primo tentativo di omicidio.

Il testimone oculare

L’assassino, Giuseppe Difonzo, era già detenuto per violenza sessuale nei confronti di una ragazza minorenne, e dalle indagini è emerso che aveva più volte tentato di soffocare la piccola, motivo per cui la bambina si era dovuta sottoporre a molteplici ricoveri in ospedale, soprattutto nell’ultimo periodo della sua breve vita.

Il testimone, un bambino di 3 anni e mezzo, ricoverato anche lui, avrebbe assistito ad un primo tentativo di omicidio avvenuto in ospedale durante il ricovero della bimba di 3 mesi, mimando agli inquirenti i gesti effettuati dall'uomo sulla vittima.

Le dinamiche dell'omicidio

Verso mezzogiorno del 12 febbraio, all’interno della stanza erano presenti l’assassino, Giuseppe Difonzo, la piccola Emnuela Difonzo e il testimone oculare ricoverato nel letto accanto. Il 29enne avrebbe distratto il bambino facendolo giocare con il suo cellulare e successivamente, secondo le ricostruzioni, si sarebbe avvicinato al lettino della figlia, cominciando a fare pressione su alcuni punti del suo corpo: fronte, bocca, collo e pancia.

Immediatamente la bambina ha iniziato a mostrare i segni del suo malessere, e il personale medico sanitario è intervenuto tempestivamente per salvarle la vita. A distanza di 12 ore, l’uomo, con la stessa procedura, ha riprovato ad ucciderla, e questa volta ci è riuscito.

I sospetti di medici ed infermieri

Dal 19 novembre 2015, al 13 febbraio 2016, giorno del decesso, la bambina sarebbe stata ricoverata per 76 giorni totali; l'ultimo ospedale pediatrico nel quale è giunta è stato proprio il Giovanni XXIII di Bari, dove ha trovato la morte.

Ciò che ha insospettito il personale medico sanitario, spingendolo ad informare il tribunale dei minori, è stata la constatazione del fatto che la vittima quando era in ospedale stava bene, e non mostrava i segni di alcuna particolare patologia respiratoria. Le indagini hanno accertato che l’assassino è portatore della Sindrome di Munchausen, una malattia psichiatrica che porta chi ne soffre a voler attirare l’attenzione su di sé.