Una mattina passata a elogiare il merito delle forze di polizia intervenute a Sesto San Giovanni nello scontro a fuoco con il terrorista Anis Amri, ricercato numero uno dalle intelligence europee per essere il presunto esecutore materiale della strage di Berlino. La foga di onorare la divisa dei poliziotti italiani, di cui uno ferito ad una spalla dal killer jihadista, ha però fatto perdere alle autorità il controllo su una situazione che potrebbe rivelarsi potenzialmente minacciosa: la rivelazione dei nomi degli agenti sarebbe un grave errore che ora necessita la massima attenzione.
Tardivo appello del capo della Polizia
Una circolare diffusa in tarda mattinata, firmata dal capo della Polizia, Franco Gabrielli, contiene precise affermazioni sul rischio reale di ritorsioni contro gli agenti coinvolti nello scontro a fuoco col terrorista. Nella stessa, si legge che operazioni ritorsive "non si possono escludere, con invito alla massima attenzione" per garantire l'incolumità dei poliziotti. Impossibile resettare il passo falso compiuto dalle autorità con la diffusione a mezzo stampa delle loro generalità. L'appello di Gabrielli appare tardivo, pressochè inutile alla luce di una massiva copertura mediatica che ha prodotto la pubblicazione delle foto e dei nomi degli agenti di Sesto San Giovanni.
La polemica sul web non ha tardato a esplodere. In uno scenario piuttosto labile, insicuro e imprevedibile, diffondere dati sensibili (soprattutto dopo l'uccisione di una pedina importante per gli jihadisti) rappresenta un altro tratto emblematico dell'ingenuità italiana. Nello scacchiere europeo, con la posizione di avamposto che l'Italia ricopre per i terroristi, è stato forse troppo avventato scegliere di diffondere a livello mondiale volti e nomi dei poliziotti coinvolti in una delle operazioni più importanti di questi ultimi mesi.
Forse troppo ingenuo pensare che è il momento degli allori. Dopo questa gaffe, che la circolare di Gabrielli ha tentato inutilmente di rattoppare, difficilmente si può pensare che una condotta acerba delle istituzioni italiane resterà immune da eventuali atti di vendetta contro chi lavora ogni giorno in trincea rischiando la propria pelle per salvare quella di migliaia di cittadini. Ad aggravare l'errore da parte delle autorità italiane è che a rendere nota l'identità dei due agenti è stato, primo fra tutti, il ministro dell'Interno, Marco Minniti.