Nessuna condanna per Fitch e Standard&Poor's, le agenzie di rating americane accusate dai magistrati della procura pugliese di manipolazione di mercato. Dirigenti e analisti delle due agenzie sono stati assolti dal tribunale di traniperché il fatto non sussiste”. Dichiarata, inoltre, l’insussistenza dell’illecito amministrativo a carico di Standard and Poor’s.

Si tratta della prima sentenza mai emessa da un tribunale in Italia riguardante le società che valutano la solidità e la solvibilità di una società o di un soggetto pubblico che emette titoli sul mercato finanziario.

Un processo, quello condotto dai magistrati della piccola procura pugliese, che sin dall'inizio si è rivelato difficile, accompagnato da un enorme clamore mediatico e con accuse ardue da dimostrare, tanto che il complesso accusatorio non ha retto alla prova del giudizio.

La tesi dell’accusa, guidata dal pm Michele Ruggiero, riguardava il declassamento del rating del debito sovrano nostrano a cavallo tra il 2011 e il 2012 da parte dei due colossi americani (era la fase della tempesta finanziaria perfetta contro l’Italia, con lo spread tra i nostri titoli di Stato e i bund tedeschi oltre i 500 punti base e l’avvicendamento tra Berlusconi e Monti a Palazzo Chigi) che secondo i magistrati inquirenti avrebbe causato “una destabilizzazione dell'immagine, del prestigio e degli affidamenti creditizi dell'Italia sui mercati finanziari nazionali ed internazionali".

Soddisfazione, subito dopo la lettura della sentenza, è stata espressa da Standard & Poor's: “la decisione del tribunale conferma in modo inequivocabile come in tutti questi anni la società sia stata oggetto di illazioni fantasiose. Finalmente è stata resa giustizia alla società e ad ognuna delle persone che quotidianamente lavorano con onestà e competenza professionale".

A far discutere sono, poi, arrivate le parole del pm Ruggero, titolare dell’inchiesta, che a 24 ore di stanza dal verdetto emesso dal tribunale di Trani, in un post su Facebook ha sfogato tutta la sua amarezza per l’esito del processo sostenendo di essere stato lasciato solo, e lanciando accuse nemmeno troppo velate ai poteri forti, finanziari e forse anche politici: “A un pubblico ministero capita spesso di avvertire questa sensazione di solitudine nel corso di processi particolarmente delicati: delicati come le verità che in quei processi si tenta di fare emergere, dapprima durante le indagini, poi nel corso del pubblico dibattimento.

Verità che spesso restano sullo sfondo, perché lì è bene che restino. Verità che finiscono esse stesse sotto processo rischiando la più grave tra le condanne, quella all'oblio".

Esternazioni, queste, che non sono piaciute alla presidente della commissione Giustizia della Camera, Ferranti (Pd), anche lei magistrato prima di entrare in Parlamento, che ha suggerito a Ruggero un atteggiamento diverso: “un pm nei confronti di un'assoluzione del giudice deve eventualmente valutare l'impugnazione in appello non fare dietrologie su Facebook, comportamento inconcepibile ed estraneo al ruolo di un magistrato.”