Il portavoce del presidente Donald Trump, Sean Spicer, ha annunciato che gli USA vogliono la liberazione del prigioniero americano arrestato in Corea del Nord. La risposta di Spicer quando gli è stato chiesto se l'amministrazione chieda la liberazione del professore arrestato venerdì a Pyongyang, non si è fatta attendere molto. "Assolutamente" ha precisato Spicer "la protezione dei cittadini statunitensi è una delle priorità più alte del nostro governo".

Il caso Kenneth Bae e Matthew Miller

Già in passato le due superpotenze USA e Corea del Nord hanno dovuto affrontare la questione ostaggi.

Il primo caso noto, quello di Kenneth Bae, missionario cristiano di 45 anni di origine coreana, che subito dopo il suo arresto si mostrò fiducioso e diffuse alla stampa dichiarazioni positive sul fatto che gli Usa avrebbero fatto di tutto per liberarlo. L'arresto di Bae , il caso più conosciuto dopo quello recente di Tony Kim (il professore arrestato venerdì all'aeroporto, e tutt'ora in mano del regime di Pyongyang) arrestato nel 2012 e condannato conseguentemente a 15 anni con l'accusa di condurre imprecisate attività atte a "rovesciare il regime nordcoreano". Poi quello dello studente ventiquattrenne Matthew Miller, condannato a sei anni di lavori forzati. La speranza per gli Usa adesso è che la cosa trovi presto una risoluzione pacifica, e che Tony Kim venga liberato come fu per Bae e Mattew, dopo diverse trattative diplomatiche.

Dopo "l'ostaggio" tensione alle stelle: "invio del sommergibile nucleare Uss Michigan"

L'inasprimento dei toni delle ultime ore, e le dichiarazioni di Spicer nel briefing, non fanno pensare a nulla di buono, soprattutto dopo l'invio di oggi nei mari coreani del sommergibile nucleare "Uss Michigan": una mossa che non arriva per nulla a caso, ma in concomitanza con il giorno delle celebrazioni per gli 85 anni dell'Esercito Popolare di Pyongyang.

Il sommergibile "Uss Michigan", arrivato in Corea del Sud; l'Armada di Trump pronta all'attacco.

L'ennesima "dimostrazione di forza nelle tensioni tra Stati Uniti e Corea del Nord", come è stata definita da un funzionario delle Difesa americana. Nonostante la Naval Forces Corea abbia cercato ripetutamente di smorzare i toni sull'accaduto, è opinione comune comporre il puzzle della partita a scacchi che si sta giocando con l'intenzione di gestire il controllo della zona in vista di schieramenti geopolitici che potranno maturare con l'evoluzione di una situazione pronta ad esplodere.

Agli occhi della Corea del Sud, si tratterebbe infatti solo di una visita di routine: volta a sottolineare, per lo più, l'alleanza tra Stati Uniti e la Marina della Corea del Sud. Tuttavia "la presenza del sottomarino nucleare nei mari della Corea" non può che risuonare come un monito nei riguardi di Pyongyang; un avvertimento, probabilmente, indirizzato a chiare lettere al leader Kim Jong-un.

85° anniversario della fondazione dell'Esercito Popolare a Pyongyang: solo un caso?

Proprio oggi si celebra l'85° anniversario della fondazione dell' Esercito Popolare della Corea del Nord, e probabilmente non è affatto un caso che tale avvenimento coincida con "la mossa strategica" del magnate Trump. Il noto "Uss Michigan", sbarca con la sua potenza nucleare nella città portuale di Busan: proprio nelle vicinanze della città orientale di Wonsan il celebre dittatore Kim Jong-un, sta assistendo alle esercitazioni di artiglieria per l'anniversario della fondazione dell'Esercito Popolare della Corea dl Nord: utilizzo di pallottole di artiglieria vere, e non a salve.

Secondo alcune fonti del governo sud coreano, il leader di Pyongyang avrebbe assistito in prima persona alle manovre, in cui è stato ufficializzato anche l'utilizzo di cannoni e mezzi di artiglieria piuttosto pesanti.

Un'occasione, per la Corea del Nord, per tornare ad utilizzare quella retorica bellica a cui da tempo ci ha abituati. Si da il caso infatti che da poche ore, l'organo ufficiale del partito unico che dagli anni Quaranta è al potere in Corea del Nord, è tornato a sottolineare in modo consistente come Pyongyang sia pronta allo scontro con gli Usa e non tema alcuna minaccia o intimidazione. Aveva già reso noto che in caso di un "attacco preventivo da parte di Washington", la risposta della Corea del Nord sarebbe stata brutale e senza preavviso.

Il timore di Washington è che Kim Jong-un potrebbe prendere la palla al balzo per condurre un nuovo test nucleare (sarebbe il sesto in 11 anni); seguita dall'ipotesi sempre più reale che in questi giorni Pyongyang possa lanciare nuovi missili balistici verso il Mar del Giappone.

Usa, Corea del Sud e Giappone: evitare in ogni modo le provocazioni

In questo clima, Usa, Corea del Sud e Giappone, hanno unanimemente concordato di aumentare la pressione su Pyongyang, cercando appunto di mitigare la spinta belligerante del dittatore coreano. L'obbiettivo è evitare che alle esercitazioni seguano nuovi lanci di missili, o, nei giorni a seguire, nuovi test nucleare: letali, a questo punto, per la rottura di un "equilibrio sottilissimo che sembra ormai in procinto di rompersi".

In tal merito, si è espresso l'inviato sudcoreano Kim Hong-kyun, dopo l'incontro avuto a Tokio, specificando come la Cina rivesta un ruolo fondamentale nella vicenda. Lo stesso ha asserito la costante pressione sull'operato della Corea del nord, sottolineando di" ricorrere a misure punitive per Pyongyang se dovesse continuare con le provocazioni". E' quanto rivelato da Kim Hong, secondo il quale il ruolo di Cina e Russia è fondamentale in una fase così delicata di politica estera. Allo stesso modo è molto cooperativo Pechino, che intende collaborare con la Cina, con cui hanno intenzione di coordinare azioni diplomatiche in merito a Pyongyang.

Anche da Washington, il messaggio a Pyongyang di "cessare con le provocazioni"

Gli Stati Uniti chiedono chiaramente alla Corea del Nord di "astenersi da nuove provocazioni". Si è espresso in merito il portavoce del Pentagono Gary Ross proprio ieri, sottolineando che Pyongyang deve scegliere di rispettare i suoi obblighi internazionali e tornare a partecipare al più presto ai negoziati. Aggiunge, sempre Ross, che la "questione nucleare" preoccupa molto il governo di Washington, il quale adotterà le misure più adeguate. Un avvertimento (se così può essere definito) che sembra l'ennesima mossa di scacchi tra due giocatori, ognuno in attesa di un passo falso dell'altro; lanciato appunto dal Pentagono poche ora dopo che Pyongyang aveva ribadito la volontà di distruggere senza mezzi termini la portaerei americana Carl Vinson: sostenendo, tra l'altro, di "cancellare l'America dalla faccia della terra", utilizzando la bomba all'idrogeno contro gli Usa.

Xi Jinping, moderazione indispensabile

Avvicendamenti al centro della telefonata di ieri tra Donald Trump e Xi Jinping; il presidente cinese vuole "mantenere a tutti i costi la situazione sotto controllo", invitando di nuovo tutte le parti in causa alla calma. Ha ribadito al presidente Usa, che la Cina è "decisamente contraria ad ogni azione che violi la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite", durante la seconda conversazione che il presidente Xi Jinping ha tenuto con il presidente Usa riguardo "la questione scottante Corea del Nord". Anche il leader della Cina teme infatti lo sviluppo prossimo di una situazione in fase di degenerazione, soprattutto dopo i festeggiamenti del "galvanizzato Pyongyang per l'85° anniversario della fondazione dell' Esercito Popolare Coreano".

L'argomento nordcorea era stato anche al centro dell'incontro tra i due il 12 aprile scorso; ma i recenti sviluppi della vicenda nordcorea (prima con la carcerazione di Tony Kim, poi la risposta pronta Usa e l'invio del sommergibile nucleare nelle acque coreane) hanno fatto si che la Cina premesse di nuovo verso la diplomazia e il buonsenso.