L'indagine della Direzione distrettuale antimafia di Milano ha individuato l'esistenza di un binario criminale che collega Milano e Catania: al centro dell'attenzione, i supermercati del noto marchio tedesco "lidl", molto presente anche in Italia, le società di vigilantes che, tra le varie mansioni, forniscono il personale per la sorveglianza del palazzo di giustizia di Milano, e anche alcuni appalti nelle scuole del capoluogo meneghino. Il bilancio è di 15 ordinanze di custodia cautelare.
Il clan catanese Laudani dietro la rete del malaffare
A capo di questo intricatissimo meccanismo criminale, che tra i 15 arresti ha visto anche una dirigente del comune di Milano, la storica cosca catanese dei Laudani, che da quanto è emerso dall'indagine portata avanti dal pool antimafia del capoluogo lombardo si era infiltrata ai vertici di Lidl Italia, allo scopo di ottenere l'affidamento di appalti in esclusiva.
In particolare, i "burattinai" erano cinque imprenditori - siciliani ma trapiantati da anni al Nord - che avevano creato una serie di cooperative che si occupavano sia di logistica che di vigilanza privata, alle quali, in cambio di 'regalìe', Lidl affidava le commesse per punti vendita presenti in tutto lo Stivale; a queste commesse si aggiungevano anche quelle per gestire la sicurezza al tribunale di Milano. Con vari gradi di coinvolgimento, l'accusa rivolta dai pm Ilda Boccassini e Paolo Storari ai 15 fermati è quella di avere favorito l'interesse dei componenti della cosca catanese. Due fermi sono stati eseguiti anche a Catania.
Quali sono le responsabilità di Lidl Italia?
Lidl non poteva non sapere, a leggere le conclusioni scritte nel provvedimento emanato dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale meneghino; in particolare pare certa la compromissione dei dirigenti di quattro direzioni generali di Lidl Italia, una in Lombardia, due in Piemonte e una a Misterbianco, in provincia di Catania: i suddetti infatti, "non solo percepiscono denaro per assegnare lavori in favore degli indagati, ma intrattengono rapporti con soggetti appartenenti alla famiglia mafiosa dei Laudani", che quindi godeva così del massimo potere discrezionale possibile nell'assegnazione degli appalti.
A conferma di ciò, rincara la dose il pm Boccassini, che riferisce di come "a Milano la corruzione sia un fenomeno dilagante", e che per gli artefici di questa rete di malaffare fosse facile capire a chi rivolgersi per perseguire i propri scopi criminali: "Sapevano quali fossero le persone giuste da corrompere, pescavano in un laghetto sicuro".