A marzo del 2016 si era tolta la vita dopo essersi fatta un selfie per mostrare i segni che il suo fidanzato violento le aveva lasciato in viso. Aveva appena 18 anni Emily Drouet, trovata morta in una stanza del residence dell'Aberdeen University in Scozia.
Studentessa al primo anno di legge, era bella, aveva tutta la vita davanti e voleva diventare avvocato. Ma è rimasta intrappolata in una storia di violenza psicologica e anche fisica. A più di un anno dalla sua morte, la famiglia ha deciso di rendere pubblico quel selfie perché l'opionione pubblica sia informata, sappia la verità e il fidanzato Angus Milligan, 21 anni abbia la pena che merita per ciò che le ha fatto.
L'ultimo selfie di Emily racconta una storia violenta
Nell'ultimo selfie che Emily ha voluto farsi, la ragazza appare con il volto gonfio e arrossato dopo essere stata percossa dal suo fidanzato, Angus Milligan, 21 anni. Lei voleva lasciarlo. Trascorsa una settimana dall'ultimo violento litigio, Emily si è tolta la vita negli alloggi degli studenti all'università di Aberdeen. Ma poco prima di morire, ha inviato il selfie a un vecchio amico di scuola perché sapesse quel che le era accaduto, e l'immagine del suo volto potesse raccontare a tutti la sua storia di violenze.
La realtà era ben diversa dalle apparenze. In superficie, Milligan, di tre anni più grande di Emily, si proponeva agli occhi del mondo come un ragazzo e uno studente in legge modello, un "insospettabile", conosciuto e amato da tutti nel mondo universitario.
Di fatto aveva intrappolato la ragazza, che non ha retto all'ultima umiliazione, in una relazione fatta di dominio psicologico, abusi, violenze fisiche.
La scelta dei genitori
Per Fiona e Germain Drouet, madre e padre di Emily, rivedere quel selfie riapre una ferita sempre sanguinante. Ma, trascorso più di un anno dalla tragedia che li ha segnati, hanno voluto renderlo pubblico per cercare di aiutare giovanissime vittime di violenza maschile a salvarsi da un destino uguale a quello della loro figlia.
Fiona che ora gira per le scuole a testimoniare la storia di sua figlia, racconta che Emily era una ragazza ingenua, non aveva mai avuto un ragazzo prima di incontrare chi in sei mesi le ha distrutto la vita e che se non fosse rimasta invischiata in quella relazione, non sarebbe morta.
Ammissione di colpevolezza in attesa della sentenza
Dalle prove raccolte in tribunale, è emerso che da stalker e molestatore, Milligan inviava ad Emily messaggi minacciosi, offensivi e osceni, l'ha aggredita più volte fisicamente versandole birra addosso, afferrandola per il collo, soffocandola, schiaffeggiandola e spingendola contro una scrivania.
In uduienza, l'ex fidanzato ha ammesso la sua colpevolezza per aver commesso abusi psicologici e fisici. La sentenza è attesa per il 5 luglio e la famiglia spera che sia condannato a una pena esemplare. Ma la mamma non si dà pace: sua figlia a soli 18 anni è diventata vittima di violenza domestica ed è morta.
Se avesse chiesto aiuto, se le avesse confidato quello che subiva invece di provare vergogna, le cose sarebbero andate in altro modo.
Le ceneri della ragazza sono in casa in un'urna d'argento. Ma il papa Germain, la mamma Fiona, la sorella Rachel di 13 anni e il fratello Calvin di 11 anni, ancora non riescono a rassegnarsi al fatto che Emily non ci sia più.