Luca Lotti potrebbe diventare “il Mario Chiesa del renzismo”. A coniare questa fortunata o iettatoria definizione (dipende dai punti di vista), è stato uno che di queste cose se ne intende: il parlamentare alfaniano Fabrizio Cicchitto, già al fianco di Bettino Craxi ai tempi di Tangentopoli, quando l’allora presidente del Pio Albergo Trivulzio cominciò a ‘cantare’ con il pool di Milano. Tornando al racconto dei fatti di quanto accaduto ieri, 20 giugno, il numero due del renzismo, proprio nel giorno del suo 35esimo compleanno, è passato indenne attraverso una girandola di ben 6 mozioni sul caso Consip.
Bocciate quelle delle opposizioni (esclusa una parte di quella presentata da Gaetno Quagliariello), ad approvare quella della maggioranza, insieme al Pd, ci ha pensato il ‘soccorso azzurro’ di Forza Italia. Da registrare anche lo scontro Pd-Mdp sulla mozione firmata dal bersaniano Miguel Gotor (guarda il video qui sotto).
La profezia di Cicchitto
Caso Consip chiuso allora? In parlamento magari si, ma a livello giudiziario, come riporta Alessandro De Angelis su Huffington Post, i renziani temono le mosse disperate di Marroni, definito un “leone ferito”. Il problema è che l’amministratore delegato, ormai sfiduciato, della stazione appaltante coinvolta nell’inchiesta sull’imprenditore Alfredo Romeo e Tiziano Renzi, ha riconfermato nell’interrogatorio dell’8 giugno scorso la sua versione dei fatti che mette nei guai Lotti e gli altri petali del Giglio Magico.
A fornire un quadro illuminante della situazione, come già accennato, è Fabrizio Cicchitto. “Stai attento a considerare chiuso il caso - avrebbe confidato a De Angelis l’ex socialista e piduista - i tuoi amici forcaioli (velato riferimento ai giornalisti del Fatto Quotidiano? Ndr) si sono concentrati sul papà di Renzi, la storia delle intercettazioni, la pubblicazione delle telefonate...Qua il punto vero è Marroni e la vicenda è ancora tutta in piedi.
E se Marroni fosse il Mario Chiesa del renzismo?”.
La vendetta di Marroni
In pratica, Cicchitto adombra il sospetto che il manager, una volta renziano di ferro, mosso dalla volontà di vendicarsi, possa spingere i magistrati a chiedere il rinvio a giudizio di Lotti, passaggio obbligato se verrà riconosciuta (come sembra) la credibilità di quanto affermato da Marroni.
L’alternativa, abbastanza remota, sarebbe indagarlo per falsa testimonianza, prosciogliendo a quel punto Lotti. “Un eventuale rinvio a giudizio per Lotti - scrive l’informatissimo cronista di HP - sarebbe la tangentopoli renziana, che scatenerebbe un inferno”.
Altre ‘gole profonde’ all’interno del partito di Renzi avrebbero descritto Marroni come un “leone ferito”, che ha persino sostituito il suo avvocato fiorentino, troppo legato agli ambienti vicini al Giglio magico, con due legali di Roma definiti “autonomi”. La colpa della volontà di rivalsa marroniana sarebbe anche dovuta, sempre secondo il retroscenista, al carattere forte della moglie che sarebbe “inferocita con il mondo renziano” per il trattamento riservato al marito.