Non ce l'hanno fatta: Chris Gard (32 anni) e Connie Yates (31 anni) hanno perso anche l'ultimo appello alla speranza nella notte tra martedì 27 e mercoledì 28 giugno, quando la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo ha rigettato il loro ricorso e confermato la sentenza dell' Alta Corte inglese: i macchinari che tengono in vita il piccolo devono essere staccati per consentirgli una morte dignitosa. Il bambino di 10 mesi che non può vedere, sentire, mangiare, piangere e respira artificialmente, a giorni smetterà di soffrire.

A nulla sono valsi gli appelli dei genitori e le petizioni popolari nate spontaneamente ovunque per evitare quella che di fatto era stata la prima sentenza dei medici che avevano in cura il bambino al Great Hommon Street Hospital di Londra e si erano opposti al viaggio della speranza della coppia negli Stati Uniti per tentare un costosissimo protocollo sperimentale non riconosciuto nel Regno Unito.

La storia

Charlie è nato il 4 agosto di un anno fa apparentemente in buona salute e dopo appena 2 mesi di vita i genitori hanno notato un improvviso e drastico deperimento. Giunti al Great Hommon Street Hospital, eccellenza inglese in campo pediadrico, la diagnosi è stata impietosa e devastante: sindrome di deperimento mitocondriale, una malattia rarissima è incurabile che, compreso Charlie, conta in tutto 16 casi nel mondo, di cui uno anche in Italia. In pratica il dna del bambino presenta un danno irreversibile che conduce le cellule a un inesorabile deperimento fino alla morte del paziente. Il suo destino è scritto e da quel momento il piccolo viene ricoverato in terapia intensiva, intubato e alimentato artificialmente.

Secondo i medici che lo hanno in cura, mantenerlo attaccato ai macchinari che lo tengono in vita meccanicamente significa solo prolungare inutilmente la sua sofferenza per ritardare il processo di morte inevitabile, ma i genitori non si arrendono e riescono a trovare una speranza a cui aggrapparsi quando un medico americano si dice disposto a provare sul bambino una terapia sperimentale costosissima.

La battaglia

Chris e Connie allora fanno ricorso all'Alta Corte di giustizia inglese e lanciano una campagna di crowdfounding online per raccimolare la cifra necessaria alla partenza e alla cura negli Stati Uniti. Intanto che dall'11 aprile, data della prima sentenza dei giudici inglesi, perdono un appello dietro l'altro e il caso arriva a Strasburgo, ben 83 mila persone si mobilitano con una petizione per chiedere l'intervento di Theresa May, e la cifra raccolta con le donazione sale a quasi 1,3 milioni di sterline.

Ovunque spuntano iniziative e appelli per consentire ai genitori il diritto di continuare a sperare e combattere per salvare la vita del piccolo, sui social media viene lanciato l'hashtag #charliefight, il dibattito su chi debba avere facoltà decisionale in merito a una questione tanto delicata e straziante diventa infuocato. Ma è tutto inutile: La Corte di Strasburgo ha ora messo fine alla querelle giudiziaria: "proseguire il trattamento significherebbe continuare a causare a Charlie un danno significativo", hanno affermato i giudici, riconoscendo pertanto che la fondatezza delle decisioni prese dai tribunali nazionali sulla base di meticolosi ed estesi ragionamenti nel corso dei tre gradi di giudizio e decretando che la scelta di trasportare il bambino negli Stati Uniti “non ha prospettive di successo e non offrirebbe alcun beneficio".

Il dibattito

Immediate le reazioni alla sentenza del mondo cattolico. In una nota diffusa ieri dalla Conferenza episcopale inglese viene riconosciuto lo sforzo da ambo le parti in causa, ciascuna secondo la propria visione, di agire con integrità per il bene di Charlie e per quanto la condizione di umano dolore della giovane coppia di genitori venga definita "straziante" e la loro fervida adesione alla speranza del tutto legittima e comprensibile, i Vescovi invitano comunque a considerare quanto, a volte, molto poco si possa fare per evitare l'inevitabile e chiedono preghiera e comprensione per la famiglia di Charlie di tutti coloro che con amore si sono occupati di lui.

Gli interrogativi etici, medici e scientifici che questo caso suscita però sono molteplici e ben lontani dall'essere chiariti, a partire dal diritto dei genitori di scegliere la soluzione ritenuta migliore per il proprio figlio (e quanto scivoloso possa diventare questo terreno lo dimostrano le proteste no-vax o l'adesione quasi religiosa a diete vegane dannose per la salute del bambino), proseguendo con la definizione del confine tra cura e accanimento terapeutico e con il diritto della scienza medica a prevalere sulla legittimità decisionale dei rappresentanti legali del minore.

Nei prossimi giorni e nel più assoluto riserbo, il piccolo Charlie sarà quindi liberato dal dolore che invece accompagnerà per sempre la vita di chi lo ha portato nel mondo e amandolo non ha potuto rassegnarsi alla crudeltà dell'addio, di chi lo ha assistito, curato e rispettato nella sua dignità di paziente senza speranza, di tutti quelli che direttamente o indirettamente sono stati toccati dalla sua storia troppo breve e penosa e di tutti coloro che in futuro affronteranno battaglie, per quanto inique ed emotivamente disperanti, in grado di portare all'evoluzione doverosa di una società civile.