È lui, Le Iene confermano: il famoso e potente regista e produttore romano al centro dell'inchiesta sulle presunte molestie sessuali indicato da dieci donne su trenta intervistate da Dino Giarrusso, è Fausto Brizzi. Ieri sera è andato in onda l'ultimo, per ora, capitolo della vicenda iniziata circa un mese fa sulla scia dello scandalo Weinstein e come era facile prevedere fin da subito, visto il ritratto minuzioso e inequivocabile dell'inizialmente anonima figura sotto accusa e il clamore mediatico creato attorno al suo nome a poche ore dalla conferma ufficiale, si tratta proprio di lui e pare che le testimonianze in possesso della redazione del programma aumentino a vista d'occhio ogni giorno che passa.
Le reazioni
Il diretto interessato respinge categoricamente tutte le accuse, affidando al suo avvocato Antonio Marino il mandato di comunicare la sua totale estraneità ai fatti, ribadendo di non aver mai avuto nella sua vita rapporti non consenzienti e smentendo la crisi coniugale con l'attrice Claudia Zanella, madre della loro bambina di un anno e mezzo. In sua difesa al momento, dichiarandolo persona per bene e garbata, sono intervenuti pubblicamente Neri Parenti, Cristiana Capotondi e Nancy Brilli. Quest'ultima nello specifico afferma in un'intervista al Corriere della Sera che una donna deve saper distinguere tra avances, molestie e stupro e che un'attrice deve saper "cogliere per tempo" una situazione di difficile gestione e opporre un secco "no" ai tentativi di sconfinamento da parte di registi e produttori, in qualche modo rassegnandosi all'idea di lavorare meno.
E se da una parte solleva la reale problematica del dilagare delle denunce mediatiche preferite a quelle "circostanziate in Procura", ignorando comunque il termine legale di sei mesi per la presentazione di una denuncia di questo tipo, dall'altra definisce comunque "abuso di potere" il tentativo di ottenere favori di alcun tipo in cambio di un ruolo.
Sui social impazzano soprattutto commenti sarcastici nei confronti delle donne intervistate e vengono sfornate perle del tipo "Pare che anche le Sabine abbiano denunciato i Romani per il famoso ratto!", minimizzando i racconti e puntando il dito contro "l'imperdonabile ritardo" con cui le presunte vittime hanno deciso di parlare.
Un po' come se pretendessimo di sminuire il gesto di sedersi sul bus da parte di Rosa Louise Parks il 1 dicembre del 1955 perché se era stanca in quel preciso giorno, avrebbe dovuto esserlo anche nei giorni precedenti.
Sesso o Potere? La colpa è delle vittime?
Ma al di là delle specifiche responsabilità e dello sviluppo ed esito che avrà questa triste vicenda, è lecito domandarsi perché si chieda immancabilmente agli oggetti di determinati approcci di essere consapevoli, lucidi e presenti a se stessi nell'effettuare le giuste disamine del caso, sottraendosi per tempo al peggio, e quanto il sesso sia realmente il fine o piuttosto lo strumento più banale attraverso il quale il potente di turno esercita il suo potere inteso come prepotenza.
Perché se fai un distinguo fra attrici e attori acclarati e con una posizione professionale stabile e riconosciuta e un sottogruppo di aspiranti tali alle prime esperienze lavorative, sei solo un bullo che sceglie vigliaccamente e con cura i bersagli su cui infierire. E allora la questione ruota tutta attorno al potere che inebria, eccita, regala delirio di magnificenza sui destini di individui più fragili per posizione, carattere ed esperienza, costretti al corto circuito delle emozioni "da una proposta che non si può rifiutare". Gli stessi individui spinti nell'angolo dell'imbarazzo, dell'umiliazione, dei sensi di colpa, dai quali, a cose fatte, gran parte del mondo "civile" poi pretende la tempestiva fermezza di fare la scelta giusta, virtuosa, eroica, pena la squalifica dal campo della credibilità.
Non ci vuole un genio dell'empatia per comprendere quanto sia complicato per chi è stato oggetto di "attenzioni particolari" e veri e propri abusi, parlarne prima di tutto con se stessi e arrivare a fidarsi al tal punto dei propri sensi e ricordi da esternare l'accaduto a qualcun altro, senza tema di smentita o di accusa. Se siamo in grado di ridicolizzare l'accaduto oggi che dieci, venti e chissà quante altre donne e uomini troveranno la forza di vincere l'imbarazzo e raccontare, che cosa sarebbe successo un anno, o tre anni, o vent'anni fa, qualora a sollevarsi dal coro delle voci mute fosse stato un unico grido? Chi e quanti avrebbero creduto, avallato e sostenuto l'eroe di turno in quel caso?
È davvero così maledettamente difficile provare a mettersi nei panni dell'altro prima di tracciare frettolosamente su una tastiera le linee guida del comportamento che avrebbe dovuto tenere in determinate situazioni in cui noi non ci siamo forse neanche mai venuti a trovare? E nel caso fossero situazioni che conosciamo bene e dalle quali ci siamo saputi sottrarre con vigore e dignità, è puntando il dito contro chi non ha avuto la nostra capacità che aiuteremo la causa, ci sentiremo migliori, assurgeremo al ruolo di eroe-martire tanto ipocritamente caldeggiato dalle masse?
Esiste un tempo per cambiare le cose, per agevolare la maturità collettiva e tracciare un sentiero di demarcazione tra il prima e il dopo, ed è questo: il tempo in cui maturano le scelte consapevoli. "Se non ora quando?"