Le tensioni razziali fanno parte dell'America, uno dei tanti paradossi di un Paese la cui base fondante è proprio la multietnicità. Con Donald Trump alla Casa Bianca si è ripreso a parlare di 'suprematismo bianco' e movimenti come il famigerato Ku Klux Klan hanno rialzato la testa. A febbraio dell'anno scorso, un raduno in California era stato caratterizzato da incidenti, con feriti ed arrestati. Nuovi disordini sono divampati adesso a Charlottesville, in Virginia, dove un folto gruppo di esponenti del KKK, tra cui parecchie persone armate, si è opposto alla rimozione della statua equestre del generale Robert Lee, leader dell'esercito sudista durante la guerra di secessione del XIX secolo.

I simboli 'scomodi'

La rimozione in tutto il Paese di alcuni persistenti simboli confederali fanno parte di un'eredità 'scomoda' che molti americani vogliono rimuovere. Il generale Lee è un simbolo del sud 'schiavista', non è il primo monumento a lui dedicato ad essere eliminato. Per il KKK, al contrario, è un punto di riferimento. Così una cinquantina di persone hanno duramente protestatato contro quanto deciso dalle autorità locali, ma hanno dovuto fare i conti con una manifestazione anti-razzista i cui partecipanti li hanno affrontati a viso aperto. La polizia era inizialmente riuscita a tenere separate le due fazioni, ma poi è dovuta intervenire per evitare il peggio, con lanci di lacrimogeni.

Il bilancio finale è di 23 arresti. Non c'è dubbio che con l'elezione di Trump, le cui posizioni contro l'immigrazione sono sostenute dal KKK e da altri movimenti che si rifanno ad una destra xenofoba, la difesa di monumenti simbolo della Confederazione sia diventata occasione per scendere in piazza, con tanto di bandiere sudiste.