Quel sabato mattina di inizio agosto del 1980 l'Italia si stava apprestando ad andare in vacanza. Valigie, costumi da bagno e caldo. Tanto caldo. Tutti quanti ad attendere l'arrivo di una persona cara o di un amico che arrivava dopo un lungo viaggio o per iniziare il viaggio insieme a lui, chi era oberato dal classico carico dell'auto prima della partenza, chi era in procinto di prendere l'aereo o magari il treno. Come a Bologna.
La sala d'attesa, quella collegata ai ristoranti, si presentava piena zeppa di turisti e tutti in attesa del treno da prendere o di qualche persona, come detto prima.
Alle 10.25 di quel mattino di inizio agosto tutto cambiò in una terribile deflagrazione. L'ala sinistra della stazione non esisteva più, muri divelti e disintegrati, travi spezzate che cadevano addosso ai turisti e schegge di una valigia che nascondeva i 23 chili di esplosivo fruito per l'attentato, il T4, il quale distrusse tutto ciò che c'era a tiro.
Era la mattina del 2 agosto del 1980 e il Bel Paese ripiombò nell'ennesima atrocità del terrorismo nostrano. Le cifre parlavano di 85 morti e 200 feriti. La scena che si presentò ai primi soccorritori fu agghiacciante: cadaveri di persone di ogni età. Fra di loro anche bambini. All'inizio si pensò allo scoppio di una caldaia. Non ci volle molto per comprendere che in verità quella tremenda esplosione, la quale innalzò una colonna di fumo visibile per tutto il capoluogo emiliano, era frutto di una esplosione dolosa.
Concepita e voluta nel peggiore dei progetti terroristici: la cosidetta strategia della tensione.
Non fu la prima volta che la città di Bologna, sia direttamente che indirettamente, rimase vittima dell'ideologia stragista. Qualche mese prima la tragedia di Ustica.
Molti anni più tardi la strage dell'Italicus, il quale avvenne tra la notte fra il 3 ed il 4 agosto del 1974.
Per strategia della tensione, quest'ignobile, codardo e infame progetto di morte, era da ricollegare alla posizione strategica-geografica nella nostra nazione in cui i due grossi blocchi politici dell'epoca si fronteggiavano: il blocco sovietico e il blocco occidentale. Lo scopo era quello di evitare che la nostra nazione cadesse nelle mani del comunismo a discapito degli americani, addebitando ogni strage agli estremisti di destra.
Al di là delle logiche dell'epoca e delle convinzioni ad esse collegate quest'articolo non ha la minima presunzione di innescare altre polemiche offuscando la memoria dell vittime e dei parenti che, ancora oggi, rivendicano giustizia.
Le indagini che si svilupparono in seguito portarono a delle condanne, confermate definitivamente dalla Corte di Cassazione tra gli inizi e la prima metà degli anni '90, ai danni di personaggi influenti e conosciuti dell'epoca. In ordine crescente d'importanza: Francesco Pazienza, ex faccendiere e agente segreto; Giuseppe Belmonte, militare e agente segreto; Pietro Musumeci, agente segreto ma all'epoca dei fatti era anche un generale del Sismi; e infine Licio Gelli, Maestro Venerabile della Loggia Massonica Segreta P2.
Tutti e quattro furono condannati per avere depistato le indagini.
Mentre per quanto concerne gli esecutori materiali vennero condannati, anche loro in via definitiva, Valerio Fioravanti, detto Giusva, e la sua ragazza, Francesca Mambro. Entrambi appartenenti ai N.A.R., il quale si rese protagonista della telefonata anonima che si autoproclamava autore della strage. Eppure sia Valerio che Francesca, autoaccusandosi di qualsiasi reato, non confessarono mai di aver commesso la strage. Forse perchè era troppo infamante anche per due come loro? Forse si, forse no. Eppure i dubbi rimangono anche a distanza di 37 anni da quella maledetta mattina di inizio agosto del 1980. Si può affermare che il 2 Agosto del 1980, con la stazione di Bologna, si alzò troppo il tiro e l'ultimo attentato relativa alla strategia delle tensione ci fu solo quattro anni più tardi poi fine delle bombe e del sangue innocente, versato per chissà quale movente.