"I have dream" e l'America iniziò a mutare. Erano in 300.000, secondo le stime del movimento per i diritti civili, in quella mattina a Washington. Tutti vogliosi di abbattere le catene dell'oppressione della segregazione razziale. Tutti assiepati sotto alla Statua di Lincoln che pareva osservarli fiero della giovane nazione statunitense. 300.000 persone tutte pronte ad ascoltare le parole di quel giovane pastore protestante che di lì a poco sarebbe entrato di diritto nella storia.
Martin Luther King, in quel 28 agosto del 1963, pronunciò non "un discorso" ma "il discorso", lungo 17 minuti e mezzo, in cui scosse le coscienze di tutti; richiamando l'attenzione dell'allora Presidente John Kennedy, il quale si poteva finalmente aprire di più sul problema razziale e che di lì a qualche mese sarebbe rimasto ucciso: il 22 novembre del 1963.
28 agosto: 54 anni fa il celebre discorso di Martin Luther King contro la segregazione razziale
Quella che venne organizzata in quella giornata di fine agosto era la marcia sulla capitale e da allora molta acqua sotto i ponti è passata negli Stati Uniti d'America e molte conquiste, grazie a quell'evento, vennero acquisite dalla dagli afro-americani.
Una lotta che ebbe iniziò il 1° dicembre del 1955. Quando una donna, che si guadagnava da vivere come sarta, si rifiutò di cedere uno dei posti riservati ai bianchi, sistemati nell'autobus che l'avrebbe riportata a casa, dopo un'estenuante giornata lavorativa. Era stanca Rosa Parks. Non solo per il lavoro. Era stanca, come tutti i neri d'America, di subire ingiustizie ed umiliazioni a sfondo razziale.
L'arresto della piccola donna, proprio per effetto delle leggi segregazioniste del sud della nazione, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Il reverendo Martin Luther King né approfittò, intuendo che il momento era propizio, per guidare, prima, il boicottaggio degli autobus, poi, la marcia su Washington fino ad arrivare all'apoteosi della conquista del diritto al voto a Selma nel 1965.
Un anno prima, proprio per le manifestazioni pacifiche, nel 1964 ricevette il Premio Nobel per la pace. Venne assassinato a Memphis il 4 aprile del 1968. La notizia del suo assassinio provocò, in tutti gli Stati Uniti, ed in particolar modo nel profondo sud violenti scontri. Fu l'allora Senatore Robert Kennedy, fratello del defunto e compianto Presidente John Kennedy, a placare gli animi.
Bobby verrà ucciso a Los Angeles qualche mese dopo.
Da allora, da quei leggendari anni '60, i neri molto hanno fatto e molto hanno ottenuto per la loro impareggiabile determinazione. Eppure ogni qual volta che il razzismo sembra finito, morto e sepolto dalla polvere della storia, negli U.S.A., ecco che ritorna prepotentemente come una spada di Damocle a distruggere quanto di buono l'America stessa ha fatto su se stessa.
Anche quando venne eletto il primo Presidente afroa-americano della storia americana, Barack Obama, ci sono state schermaglie tra bianchi e neri; schermaglie provocate dal pugno duro della polizia, come successe nella Los Angeles degli anni '90 con il pestaggio di Rodney King, il quale provocò violenti sconti nella città degli angeli.
Scontri che si sono verificati anche in questi ultimi giorni dell'era Trump. L'oggetto della discordia, tra Charlottesville in Virgina e a Phoenix in Texas, riguarda i busti raffiguranti gli eroi della guerra civile americana. Da segnalare che a Charlottesville a morire fra gli scontri, tra anti-razzisti e suprematisti, è stata una donna bianca. Peccato che il Presidente Trump, con le sue dichiarazioni, ha riportato tutto indietro. Prima di "I Have Dream".