Venti di una possibile escalation militare agitano le tormentate terre del Medio Oriente. I motivi per un conflitto locale potrebbero sorgere con l'esito del referendum del Kurdistan, voluto dal leader curdo Massoud Barzani per chiedere ai propri cittadini l'indipendenza dal governo centrale di Baghdad. Quest'iniziativa spaventa sia le potenze locali che quelle globali: l'area mediorientale, infatti, rischia di essere ridisegnata con risvolti drammatici.

La questione curda - popolo di circa 50 milioni di persone discendente dai Medi - nasce dopo la caduta dell'Impero Ottomano.

Con il Trattato di Losanna, che andò a cancellare il precedente accordo di Sèvres del 1920, ai curdi venne negata la possibilità di creare un proprio Stato, e le terre che per secoli erano appartenute a quest'antica popolazione vennero spartite tra le nuova realtà di Turchia, Siria, Iran e Iraq.

I curdi si trovarono ad essere, così, non solo divisi, ma anche in minoranza in paesi che spesso li consideravano come una minaccia all'unità territoriale. Questa minaccia è ancora oggi molto sentita in Turchia, dove la minoranza curda raggiunge i 15 milioni di persone con intere regioni dell'Anatolia orientale a maggioranza curda. Nello Stato guidato da Erdogan, ormai da decenni è in corso un conflitto tra le forze armate nazionali e il PKK (partito dei lavoratori del Kurdistan), considerato un movimento terrorista dai paesi occidentali per motivi di opportunità Politica: la Turchia, infatti, è un importante Stato membro della Nato, ed un ponte tra l'Occidente e l'Oriente.

Problemi analoghi sono presenti anche in Iran, dove risiedono circa 6 milioni di curdi. Il governo di Teheran, al pari di quello di Ankara, guarda con sospetto alle campagne politiche volte a sostenere una maggiore autonomia dal governo centrale. La teocrazia iraniana crede che, in realtà, dietro queste rivendicazioni di tipo autonomista si nascondano intenti di indipendenza territoriali.

Dalla costituzione del regime teocratico nel 1979 ad oggi, ci sono state circa diecimila vittime dovute alla repressione delle autorità governative.

In Iraq la situazione, in passato, è stata altrettanto dura per i curdi: basti ricordare i bombardamenti subiti sotto il regime di Saddam. Dopo la guerra voluta dagli Stati Uniti con la conseguente disgregazione dello Stato iracheno, i curdi hanno goduto di ampia autonomia e di una relativa sicurezza economica e militare, messa in discussione dall'arrivo dei terroristi dello stato islamico.

La sconfitta dell'Isis, avvenuta anche grazie alle milizie curde, ha dato a Barzani la possibilità di indire un referendum per l'indipendenza.

Effetto domino

La paura che sta scuotendo tutti, è che si possa venire a creare un effetto domino. Proprio per tale motivo gli Stati Uniti e le altre potenze globali e mediorientali, stanno facendo pressione affinché il referendum sia annullato. Un Kurdistan iracheno indipendente spingerebbe le minoranze presenti in Siria a comportarsi allo stesso modo; una minaccia troppo grossa per lo Stato iraniano e anche per la Turchia.

Il pericolo di una deflagrazione del Medio Oriente, dunque, è reale: i costi potrebbero essere alti, ma i curdi del Kurdistan sono intenzionati a proseguire per la propria strada, perché questa per loro potrebbe rappresentare un'opportunità unica nella storia. Al contempo, le eventuali reazioni a catena che potrebbero scaturire dopo l'esito del referendum, potrebbero non coinvolgerli direttamente, perché andrebbero a minare la pace nei paesi confinanti.