"Ho cambiato versione perché mi vergognavo dell'accaduto. L'ho negato anche a me stesso". All'udienza di oggi, la deposizione del principale indiziato, Antonio Ciontoli, ha aperto un nuovo capitolo nel processo che si sta svolgendo a Roma in Corte d'Assise per stabilire come e perché sia morto il povero Marco Vannini. Per la prima volta in aula ha testimoniato anche la figlia Martina. Intanto la trasmissione "Chi l'ha visto?" è tornata sul caso con Marina e Valerio Vannini, i genitori di Marco, in studio. Una famiglia complice di segreti e bugie in cui ogni componente copre l'altro, un'omissione di soccorso di gruppo, nessuna volontà di salvare la vita del povero Marco: sarebbero questi, secondo la trasmissione, gli ingredienti di una vicenda pazzesca che, a distanza di due anni e mezzo dai tragici fatti, resta ancora oscura.

Tutta la famiglia, padre, madre, il figlio Federico e la figlia Marta, è sotto processo per concorso in omicidio volontario. Invece la fidanzata del figlio, Viola Giorgini, risponde di omissione di soccorso.

La sera sciagurata

La sera del 18 maggio 2015, Marco era andato a Ladispoli nel villino della fidanzata Martina, figlia di Antonio Ciontoli, sottoufficiale della Marina in forze ai servizi segreti, dove spesso restava a cena e a dormire. Misteriosamente è stato ferito da un colpo di arma da fuoco mentre era in bagno, esploso tra le 23 e 15 e le 23 e 30. Sono seguite due chiamate al pronto soccorso. La prima, fatta dal figlio, Federico Ciontoli e da sua madre, Maria Pezzillo, alle 23 e 43, in cui omettono di dire che un ragazzo è stato raggiunto da un colpo.

Poi la richiesta viene annullata. La seconda, a mezzanotte, la fa Antonio Ciontoli che parla di un ragazzo 20enne che ha avuto un infortunio in vasca da bagno, è caduto e si è bucato un po' con un pettine. Invece Marco è stato perforato al polmone e al cuore da un proiettile. L'ambulanza arriva dopo, ma nessuno parla mai di colpo d'arma da fuoco.

Marco muore dopo 4 ore di agonia. Due perizie, una della procura di Civitavecchia, dicono che se l'ambulanza fosse stata chiamata subito, trasportato con elicottero in sala operatoria all'ospedale Gemelli un'ora dopo lo sparo, il ragazzo si sarebbe salvato. Il tribunale ha disposto una nuova perizia ancora non completa. Ma, come sottolineato dall'avvocato di famiglia Vannini, Celestino Gnazi, nessun medico ha mai detto che non si poteva salvare.

Le bugie

Chi ha sparato e perché? Cosa è davvero accaduto? Le prove sono state inquinate, i Ciontoli hanno pulito il sangue prima di chiamare i soccorsi. Forse la verità, eccetto quella processuale, non si conoscerà mai. Per gli inquirenti, Marco è stato raggiunto da un proiettile di piccolo calibro mentre faceva la doccia. A sparare sarebbe stato Ciontoli per sbaglio, in un gioco finito male. Ciontoli ha raccontato che gli era caduta l'arma da fuoco mentre la mostrava a Marco che faceva il bagno. Poi, che era partito un "colpo d'aria", perché era tanto che non usava ed è rimasta una bolla d'aria. Oggi Ciontoli in aula ha sostenuto di aver cambiato più volte versione dei fatti, perché si vergognava dell'accaduto e per paura di perdere il lavoro.

"Sono consapevole di aver rovinato la vita a tante persone, in primis Marina e Valerio, poi la mia famiglia e me stesso. Oggi mi sento un uomo finito, per me la vita non ha più senso". "Non ho mai pensato che Marco potesse morire", ha detto invece la figlia Martina, fidanzata di Marco, accusata con tutta la famiglia in concorso per omicidio volontario, per giustificare il ritardo nei soccorsi. Sarà decisiva la perizia che dirà la parola finale sulla effettiva possibilità di Marco di salvarsi. La prossima udienza è fissata il 18 dicembre.