La Cassazione ha chiuso definitivamente il caso relativo al Rogo avvenuto alla thyssenkrupp nel dicembre del 2007, quando persero la vita sette operai. Ieri, 19 ottobre, è stato bocciato il ricorso straordinario presentato dagli imputati, definito "inammissibile".
Le motivazioni
Nelle motivazioni, i supremi giudici scrivono che non c'è nessun errore nella sentenza del 13 maggio 2016, quando furono confermate le condanne agli imputati, aggiungendo che si tratta di una "colpa imponente", in quanto costoro non si erano premurati di disporre un piano di sicurezza per permettere ai lavoratori di poter fronteggiare un incendio, insieme a tutta un'altra serie di "inosservanze a specifiche disposizioni infortunistiche di carattere primario e secondario", nonostante i dipendenti avessero più volte messo in risalto che nello stabilimento di Torino vi era "una situazione di attuale e latente pericolo per la vita e per l'integrità fisica dei lavoratori".
Priegnitz ed Espenhahn ancora liberi
Nonostante la conferma della condanna, i due principali responsabili, l'amministratore delegato Espenhahn e il direttore generale Priegnitz, entrambi tedeschi, sono ancora in libertà, e su di loro pende un mandato di cattura europeo che fino ad oggi non ha avuto esecuzione.
L'Italia, nei primi mesi del 2017, si è adoperata per chiedere all'autorità giudiziaria tedesca di riconoscere la sentenza e far scontare la pena in Germania ai due dirigenti. E, notizia degli ultimi giorni, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha chiesto formalmente al governo tedesco di dare esecuzione alla sentenza per i due responsabili.
Il lungo processo
Insomma, la Cassazione pare proprio aver messo il punto a questa vicenda che dura ormai da 10 anni, con i familiari delle vittime che si sono sempre battuti per ottenere giustizia.
La sentenza di primo grado arriva, però, solo 4 anni dopo la tragedia, ovvero il 15 aprile 2011, e le richieste sono molto pesanti: l'ad Espenhahn viene condannato a 16 anni di carcere, essendo accusato anche di omicidio volontario. Per gli altri imputati, invece, le condanne sono tutte fra i dieci anni e dieci mesi, e i tredici anni e mezzo.
Nel 2013, al Processo d'appello cade l'accusa di omicidio volontario per Espenhahn, che viene condannato a dieci anni, mentre gli altri imputati vengono condannati fra i sette e i nove anni. Nel 2014, la Cassazione annulla la sentenza e ordina un secondo passaggio in appello a Torino, con le condanne che devono essere ricalcolate e con l'accusa di omicidio volontario che viene respinta definitivamente.
Nel 2015, le difese chiedono che il processo non si tenga a Torino, poiché potrebbe non essere garantito un giudizio equo. Tuttavia la Cassazione respinge l'istanza, ed il processo resta nella città piemontese. Il 29 maggio dello stesso anno, la Corte ridetermina le pene, condannando a 9 anni e 8 mesi Espenhahn, 7 anni e 6 mesi per Daniele Moroni, 7 anni e 2 mesi per Raffaele Salerno, 6 anni e 10 mesi per Gerald Priegnitz e Marco Pucci, e 6 anni e 8 mesi per Cosimo Cafueri.
Condanne troppo lievi
Nonostante la conferma delle condanne, alcuni familiari come la mamma di Rosario, Graziella Rodin, non sono rimasti soddisfatti, considerando le pene troppo lievi, quando invece "avrebbero dovuto dare loro l'ergastolo, prendere la chiave della cella e buttarla". Insomma, giustizia è fatta, ma solo per metà.