Un funerale toccante quello celebrato ieri sera nella basilica di San Gavino, a Porto Torres. Erano tantissime le persone giunte a dare l’ultimo saluto alla povera Michela che è stata trovata morta a casa di un’amica nell’isola di La Maddalena. Tra loro numerosi investigatori in borghese che guardavano, osservavano, prendevano appunti e scansionavano i tanti volti dei presenti. Forse alla ricerca di un indizio o di una prova. Anche perché gli inquirenti non si spiegano il motivo per cui Michela avesse acquistato i biglietti di ritorno, sia del traghetto da La Maddalena che del pullman, con il quale poi avrebbe dovuto raggiungere la sorella.

Ora l’inchiesta si apre a 360 gradi e il procuratore di Tempio – Gianluigi Dettori – non esclude nessuna pista. Gli investigatori sono convinti che la povera Michela non si sia suicidata. Per questo motivo gli inquirenti hanno richiesto numerose perizie: sul computer portatile della giovane, sul telefono cellulare ma anche su quei biglietti, apparentemente scritti da Michela e lasciati a casa dell’amica prima di farla finita.

La perizia calligrafica

Sarà, infatti, eseguita una perizia calligrafica su quei foglietti che sono stati ritrovati vicino al corpo della ragazza, per capire se in effetti siano stati scritti di suo pugno. Insomma se quella sia la sua calligrafia. Un particolare: uno dei bigliettini ritrovati nella stanza dove la giovane si sarebbe tolta la vita, era stropicciato.

Molto rovinato. Come se qualcuno l’avesse letto e poi appallottolato. Per poi cambiare idea e riaprirlo. Anche per questo motivo gli investigatori sono a caccia di impronte e tracce su tutto ciò che possa dare elementi utili alle indagini. E poi in quel maledetto legaccio che la giovane avrebbe utilizzato per uccidersi, ci sono anche altre impronte?

Le indagini almeno per ora sono in una fase molto delicata e gli investigatori non escludono nessuna pista, utilizzando però il massimo riserbo. Nessuno infatti – almeno per ora – è stato iscritto nel registro degli indagati. L’unica certezza è che Michela Deriu aveva paura e l’aveva confessato anche al suo datore di lavoro prima di partire dall’amica alla Maddalena.

Folla commossa ai funerali

“Forse Michela non è stata ascoltata? Forse ha chiesto aiuto ma non è stata capita?”, trattiene a stento le lacrime Don Mario Tanca, parroco della chiesa di San Gavino, a Porto Torres, durante l’omelia. Anche perché Michela la conosceva da bambina. La ricorda quando faceva la chierichetta. Poi qualche anno dopo quando si stava preparando alla cresima e poi quelle gite al campeggio con il gruppo parrocchiale tra le colline di Santu Lussurgiu, nei boschi della Madonnina. “Una ragazza con il sorriso contagioso”, ricordano in tanti. E poi – alla fine della messa – una giovanissima amica di Roberta ha letto poche righe, toccanti: “Bisogna fare più attenzione ai ragazzi che crescono e che durante la loro vita possono cadere e rialzarsi”.