Non si ferma la vicenda relativa all'immagine del boss del clan dei Casalesi Michele Zagaria, che continua a riservare più "effetti speciali" della serie televisiva della Rai che l'ha generata. La realtà supera la fiction, con il capoclan che ha cercato di togliersi la vita stringendosi il filo del telefono intorno al collo durante il processo che lo vede imputato per due omicidi.

Il camorrista, collegato in video conferenza dal carcere Opera di Milano dov'è rinchiuso al 41 bis, ha chiesto la parola per una dichiarazione spontanea. Dopo aver ottenuto l'autorizzazione dal giudice, ha nuovamente protestato contro la Rai per la serie "Sotto Copertura - La cattura di Zagaria" che lo descriverebbe, a suo dire, come un maniaco.

Quando la Presidente del collegio lo ha bloccato, ricordandogli che i fatti da lui esposti erano estranei all'udienza che stava rischiando di trasformarsi in una nuova puntata di una fiction, il boss ha tentato il suicidio con il cavo del telefono con cui era collegato.

Caduto sul pavimento, il detenuto è stato soccorso e trasportato in infermeria, dove è stato sottoposto ad una serie di cure mediche. Il processo, a causa dell'improvvisa escandescenza dell'imputato e della sua perdita di conoscenza, è stato interrotto.

Il codice d'onore dei camorristi avrebbe spinto il boss dei Casalesi alla protesta

Per qualcuno, il tentato suicidio sarebbe in realtà una fiction nella fiction, con "capa storta" che avrebbe solo cercato di catturare l'attenzione, facendo capire di essere notevolmente irritato per quanto a lui attribuito dal racconto televisivo.

Gli atteggiamenti a lui addossati nella serie "Sotto Copertura - La cattura di Zagaria" sarebbero infatti disprezzati dal mondo malavitoso. La vicenda sulla preoccupazione dei danni all'immagine ha dell'incredibile e del paradossale, considerando la vita condotta dai criminali che, di certo, non si preoccupano della morale e dell'etica.

Tuttavia è importante ricordare che i camorristi - seppure autori dei più efferati delitti - ci tengono a rispettare un loro "codice d'onore" che vieta ogni forma di sessualità ambigua, disprezzando fortemente la pedofilia. Lo stesso codice, non a caso, è adottato anche in carcere tra i detenuti, infatti non sono rare dimostrazioni punitive contro chi si è macchiato di crimini contro donne e bambini.

Sono numerosi, infatti, i casi in cui i pregiudicati si coalizzano prendendo di mira i pedofili, con punizioni fisiche che prevedono l'inflizione delle stesse violenze perpetrate alle giovani vittime.