Sembrerebbe una storia surreale e che ha dell'incredibile, quella che vedeva i paramedici alla guida di un'ambulanza contrabbandare la vita dei pazienti che trasportavano con le pompe funebri. Sono state Le Iene a permettere ad uno dei pentiti di questa operazione segreta di confessare tutta quanta la vicenda. "Iniettavamo dell'aria nelle vene dei pazienti e vendevamo ai familiari un servizio funebre di trecento euro", così avrebbe detto l'uomo durante quell'intervista mandata in onda a Le Iene. Davide Garofalo, questo è il nome del barelliere che questa mattina è stato arrestato dai militari dell'arma dei carabinieri di Catania con l'accusa di pluriomicidio volontario con l'aggravante di avere, inconsciamente o meno, agevolato gli interessi della mafia locale.
Per il momento, i cadaveri che l'uomo ha venduto, ovviamente dopo aver compiuto gli omicidi, appartengono ad un 55enne e ad un uomo ed una donna molto anziani. Ma la questione non si limita a Davide Garofalo, che è già stato arrestato, ma riguarderebbe ben altre persone delle quali non viene ancora fatto nessun nome, anch'esse paramedici accusati di aver "venduto" i cadaveri delle proprie vittime.
I pazienti venivano dimessi in fin di vita e poi uccisi durante il tragitto
Un'operazione che sembra esser stata studiata a tavolino e che vedeva i corpi delle vittime trasportati dall'ospedale alle proprie case, dopo esser state dimesse dai vari reparti in fin di vita. Un trasporto che, a quanto pare, aveva la stessa fine per ognuno dei pazienti che salivano su quelle ambulanze della morte: nessuno di loro riusciva a raggiungere la propria abitazione cosciente.
Un'operazione, quella dei carabinieri della zona, che sarebbe durata ben un anno prima di riuscire a cogliere gli assassini con le mani nel sacco. Omicidi, secondo le dichiarazioni raccolte, che avvenivano lontano dagli occhi dei medici dell'ospedale e all'insaputa della direzione. Un'operazione segreta che arricchiva le tasche degli indagati, che si consideravano forse come "la mano di Dio".
Una questione che ha subito attirato l'attenzione degli inquirenti, i quali hanno provveduto ad avviare tutte le dovute indagini. "I pazienti sarebbero morti ugualmente, perché erano in fin di vita", avrebbero comunicato dalle indagini "ed è proprio per questo che i pazienti non si accorgevano di nulla". Dalle informazioni raccolte, i paramedici indagati avrebbero iniettato dell'aria nelle vene dei pazienti, inducendoli così alla morte per embolia.