Nuovo colpo contro cosa nostra. Erano già stati sottoposti a fermo all'inizio del 2016 con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. A disporre il fermo fu allora la Dda di Palermo, stanotte dopo che le indagini sono proseguite, con il coordinamento dei sostituti procuratori della Direzione distrettuale Antimafia Alessia Sinatra e Claudio Camilleri sono scattate le ordinanze di custodia cautelare in carcere.

Nella mattinata i Carabinieri del Comando provinciale di Agrigento, hanno eseguito 7 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse appunto dalla Dda nei confronti dei vertici e degli affiliati della famiglia mafiosa di Menfi, comune in provincia di Agrigento a meno di 20 Km dal paese del super latitante Matteo Messina Denaro.

Ad eseguire il blitz 100 Carabinieri con l'ausilio di unità cinofile e di metal detector per la ricerca di armi e droghe.

Come è nata l'inchiesta

Tutto ebbe inizio nel novembre del 2016 quando arrivò la conferma, che il bracciante agricolo Vito Bucceri ritenuto il capo della famiglia mafiosa di Menfi iniziò a collaborare con gli inquirenti. Bucceri era libero quando scelse di pentirsi. Ammise di far parte di Cosa Nostra e iniziò a riempire centinaia e centinaia di pagine di verbali.

In uno dei verbali Bucceri ammette di essere lui a Capo della Famiglia Mafiosa di Menfi e di essere stato messo a Capo dal professore Leo Sutera già capo mandamento della provincia. Ad illustrare i dettagli dell'operazione antimafia è stato il Colonnello, Comandante provinciale dei Carabinieri Giovanni Pellegrino.

I militari attraverso una fitta rete di pedinamenti ed intercettazioni sono riusciti a documentare come gli indagati siano riusciti a riorganizzare la famiglia mafiosa e le loro attività illecite.

Riferiscono i militari che gli incontri fra gli affiliati avvenivano in luoghi isolati ed insoliti questo molto probabilmente per paura che fossero intercettati o pedinati, sarebbero infatti privilegiati per gli incontri maneggi e perfino un ambulatorio medico.

Il Blitz, ordinato dalla Direzione distrettuale Antimafia di Palermo, ha avuto il nome in codice di "Opuntia" e questo proprio perché si è voluto evidenziare la proliferazione di Cosa Nostra anche dove si pensava che fosse stata già estirpata.

Le operazioni degli inquirenti hanno permesso di ricostruire tutte le attività illecite svolte dalla famiglia e dai loro affiliati e come gestivano il controllo del territorio i loro business andavano dagli appalti alle estorsioni per finire con la imposizioni delle macchinette da gioco.